Partner di Progetto

Partner di progetto


Archivio di Stato Caserta


L'Archivio di Stato di Caserta è un organo periferico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, fondato in epoca preunitaria con la Legge del 12 novembre 1818. L’Archivio ebbe la sua prima sede a Capua nel prestigioso Palazzo Antignano, dei Duchi di San Cipriano; solo nel 1850 venne trasferito a Caserta.  I documenti conservati nell’Archivio di Stato di Caserta abbracciano un arco di tempo che va dalla seconda metà del Quattrocento fino agli anni ottanta del XX secolo. I più importanti sono quelli appartenenti al prezioso fondo notarile, che comprende circa 37.000 volumi. All’Archivio di Stato di Caserta è annessa una Biblioteca, a disposizione degli studiosi. L’Istituto è impegnato a svolgere un’assidua attività di valorizzazione del patrimonio archivistico, divulgandone la conoscenza mediante iniziative culturali dedicate. L’Istituto esercita la sorveglianza sugli archivi degli uffici periferici statali che hanno sede nella provincia di Caserta. Recentemente l'Archivio è stato trasferito nei locali della Reggia di Caserta.

L’Archivio di Stato di Caserta conserva, a partire dagli inizi dell’Ottocento nel precedente archivio provinciale, la documentazione prodotta nella provincia di Terra di Lavoro a partire dalla legge 132 del 1806, varata da Giuseppe Bonaparte l’8 agosto dello stesso anno, “Sulla divisione ed amministrazione delle Province del Regno”.  Sopprimendo il sistema feudale, diede nuova forma alle istituzioni locali a partire dal modello francese. La cospicua documentazione prodotta dall'Intendenza di Terra di Lavoro è priva di un vero e proprio ordinamento. A differenza degli uffici omologhi della maggior parte delle altre province del Regno delle Due Sicilie, questo fondo non è strutturato secondo la suddivisione in settori prevista dai regolamenti, ma secondo un'organizzazione per materie che probabilmente è stata data alle carte durante l'ultimo quarto dell'Ottocento. La serie fornisce preziose notizie, soprattutto a livello statistico, circa le colture e i raccolti, i prezzi dei generi alimentari, le industrie e manifatture, le fiere e i mercati. Sono inoltre presenti le statistiche demografiche, in quanto presumibilmente servivano per la stesura della programmazione economica. La serie è stata interamente fotografata.

L’Intendenza di Terra di Lavoro è l’ufficio provinciale che gestiva la vastissima regione della Terra di Lavoro che andava dalla Campania al basso Lazio, dal Contado di Molise all’estremità nord della Puglia. Durante i secoli la Terra di Lavoro subì importanti modificazioni. Da un punto di vista amministrativo, invece, l’ufficio dell’Intendenza fu riformato a seguito del decennio francese. La serie Affari Comunali raccoglie carteggi, atti di sub-asta per l'affitto dei cespiti comunali (forno, botteghe lorde, molitura, vendita della neve), ruoli della tassa sul vino, lavori alle strade interne e alle chiese, pagamenti alle truppe e questioni relative alle più disparate questioni. La documentazione, raccolta originariamente in 1741 fasci, è stata organizzata cronologicamente per comuni. I comuni di Santa Maria Capua Vetere e San Leucio, datati dal 1806 al 1865, sono stati sottoposti ad operazioni di digitalizzazione documentale che prevede oltre 65000 scatti e contemporaneamente ne è stata fatta l’acquisizione e verifica delle descrizioni archivistiche.


Archivio di Stato di Avellino


L'Archivio di Stato di Avellino trae origine dall'Archivio provinciale istituito nel 1820 in esecuzione della legge del 12 novembre 1818, n. 1379. L’Archivio aveva allora competenza su un territorio che comprendeva alcuni comuni attualmente ricadenti nelle province di Foggia e di Benevento, ad eccezione di un ristretto territorio intorno alla enclave pontificia. A seguito del r.d. 22 settembre 1932, n. 1391, divenne Archivio provinciale di Stato come tutti gli archivi provinciali del Mezzogiorno. Con la legge del 22 dicembre 1939, n. 2006, assunse la denominazione di Sezione di Archivio di Stato e con il D.P.R. del 30 settembre 1963, n. 1409, quella di Archivio di Stato. Dal 2007 ha sede presso il complesso monumentale dell'ex Carcere borbonico in via Verdi 17. L'Istituto ereditò il corpus della documentazione delle passate magistrature della Provincia di Principato Ultra, prima tra tutte la Regia Udienza Provinciale che aveva sede in Montefusco, il più importante nucleo attorno al quale si aggregarono i versamenti successivi. Conserva inoltre gli archivi prodotti dalle istituzioni amministrative e giudiziarie degli Stati preunitari e dello Stato italiano, archivi di enti religiosi soppressi, archivi notarili della Provincia di Avellino, archivi privati di persone, famiglie e imprese storicamente rilevanti sul territorio, per un totale di circa 11.000 metri lineari situati in moderni locali di deposito, in due piani interrati ricavati sotto il padiglione femminile dell’ex carcere borbonico. Il documento più antico, una pergamena del 1324, è la concessione dell’officium baliatus alla vedova di Ruggero I Sanseverino, signore di Bisaccia; i fondi più recenti contengono atti giudiziari, di Prefettura e di Stato civile comunale, ancora in fase di riordinamento ed inventariazione. 


Archivio di Stato di Benevento


L’Archivio di Stato di Benevento è un organo periferico del MIC ed è stato istituito con decreto del Ministero dell’Interno del 10 aprile 1954, in attuazione della legge del 1939 sul nuovo ordinamento degli Archivi di Stato. Compito fondamentale dell'Archivio di Stato è la conservazione della documentazione statale del territorio: gli archivi degli stati preunitari, degli uffici periferici dello Stato relativamente agli affari esauriti da oltre trent’anni; gli atti dei notai la cui attività è cessata da più di cento anni; quelli dei monasteri soppressi e tutti gli altri archivi e singoli documenti (anche privati) che siano stati donati o depositati nell’Archivio di Stato. Altro compito basilare è la sorveglianza sugli archivi degli organi periferici dello Stato, che si attua attraverso apposite commissioni, istituite presso ogni ufficio statale della provincia. L’attività delle commissioni di sorveglianza è finalizzata a garantire la corretta tenuta degli archivi correnti e di deposito, la conservazione della documentazione che ha un interesse storico-archivistico, l’elaborazione delle proposte di scarto e i versamenti all’Archivio di Stato. Pubblica cataloghi di mostre, ricerche, studi. 


Archivio di Stato di Napoli


L’Archivio di Stato di Napoli è un ufficio periferico del Ministero della Cultura. Provvede alla conservazione, alla tutela e alla promozione del patrimonio documentario e ne favorisce la fruizione da parte degli studiosi e dei cittadini. Fondato nel 1808, l’Archivio di Stato di Napoli dal 1845 ha sede nel complesso monumentale dei SS. Severino e Sossio, uno dei più importanti e antichi centri della spiritualità benedettina del Mezzogiorno, con una sede distaccata presso Palazzo Loffredo a Pizzofalcone. Con i suoi quattro piani e i suoi depositi di oltre settanta chilometri lineari di documenti, l’Archivio napoletano rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per la ricerca nel settore della storia medievale, moderna e contemporanea d’Italia e d’Europa; nonché in maniera precipua, della storia del Meridione d’Italia. Si conservano quindi, tutti gli atti governativi, gli atti delle magistrature centrali del regno, gli archivi privati delle più importanti famiglie nobili del regno (ad es. Carafa di Roccella, Tocco di Montemiletto, Monforte di Fragnito, Serra di Gerace, Pignatelli di Aragona Cortes, Loffredo, Ruffo di Bagnara, ecc.). Di particolare importanza l'imponente archivio privato della Casa dei Borbone, l'archivio dei Farnese, l'enorme archivio generale di Casa reale, gli archivi delle Legazioni diplomatiche del regno di Napoli all'Estero, gli archivi della Questura e della Prefettura, gli archivi dei tribunali civili e penali, nonché l'archivio della Cassazione di Napoli, gli archivi notarili della Provincia di Napoli dei secoli XV-XIX. Per l'antichità (la carta lapidaria del secolo VIII d.C,), l'ampiezza e la qualità della documentazione, l'Archivio di Stato di Napoli è uno dei nove grandi archivi italiani ed uno tra i principali archivi di importanza internazionale. La struttura  contiene interessanti cicli pittorici di Belisario Corenzio e di Antonio Solaro detto lo Zingaro del XVI secolo.

Per l'Archivio di Stato di Napoli sono state selezionate per la descrizione e la digitalizzazione, la serie Inventari del fondo Archivio Maggiordomia Maggiore e Soprintendenza di Casa Reale, III Inventario e la serie Inventari del fondo Archivio Farnesiano. La scelta è stata motivata dall'esigenza di creare una connessione tra gli archivi e gli altri beni culturali presenti nella Regione Campania. Con lo scopo di salvaguardare, inoltre, i documenti più antichi e importanti custoditi dall'Archivio di Stato di Napoli e renderli fruibili in rete, è stato effettuato un lavoro di riversaggio in digitale delle bobine relative alle serie del fondo Consiglio Collaterale e a dei volumi di grosso formato del fondo Corporazioni Religiose Soppresse. Contestualmente saranno trasferiti nella piattaforma Ecosistema Cultura della Regione Campania, buona parte della documentazione già digitalizzata in particolare la documentazione iconografica e cartografica.
Grazie all'istallazione multimediale realizzata con la collaborazione, come voce narrante, dell'attore Alessandro Preziosi è stato possibile agevolare la lettura del documento più antico dell'Istituto, restituendolo al grande pubblico: si tratta della carta lapidaria, risalente all'VIII secolo e rappresentante la “charta venditionis” del casale Memorola a Cuma; la scrittura utilizzata è un latino corrotto e volgarizzato. 


Archivio di Stato di Salerno


L'Archivio di Stato di Salerno è un organo periferico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, fondato in epoca preunitaria con la Legge del 12 novembre 1818.  Suo compito precipuo è la conservazione della documentazione statale del territorio: gli archivi degli stati preunitari, degli uffici periferici dello Stato relativamente agli affari esauriti da oltre trent’anni; gli atti dei notai la cui attività è cessata da più di cento anni; quelli dei monasteri soppressi e tutti gli altri archivi e singoli documenti (anche privati) che siano stati donati o depositati nell’Archivio di Stato. Altro compito basilare è la sorveglianza sugli archivi degli organi periferici dello Stato, che si attua attraverso apposite commissioni, istituite presso ogni ufficio statale della provincia. L’attività delle commissioni di sorveglianza è finalizzata a garantire la corretta tenuta degli archivi correnti e di deposito, la conservazione della documentazione che ha un interesse storico-archivistico, l’elaborazione delle proposte di scarto e i versamenti all’Archivio di Stato. Promuove l'attività di formazione al lavoro archivistico e bibliotecario attraverso tirocini concordati con l'Università.  Pubblica cataloghi di mostre, ricerche, studi. L’edificio che attualmente ospita l’Archivio è stato per secoli un palazzo giudiziario. Grazie ad alcuni lavori di restauro, conclusi nel 2009, è stata aperta al pubblico la cappella di San Ludovico, così denominata per un affresco raffigurante il Santo e datato al XIV secolo. Il patrimonio archivistico consiste in più di centomila unità archivistiche tra fasci, fascicoli e unità rilegate su supporto cartaceo e più di mille pergamene, oltre ad una biblioteca di circa ventinovemila volumi. 

La documentazione digitalizzata presso l’Archivio di Stato di Salerno è riferita a tre fondi: Scuola medica Salernitana, (42 volumi e 7 buste), 500 pergamene, e il Liber Iurium Civitatis Salerni.    

Inoltre, del Fondo Intendenza di Principato Citra sono stati digitalizzati i fondi Statistiche, Fiere e mercati, Arti e manifatture, Società economica, Scavi di antichità Regolamento polizia urbana e Annona. 


Biblioteca del Monumento Nazionale di Montevergine


La Biblioteca di Montevergine è una delle undici biblioteche pubbliche statali annesse ai Monumenti nazionali e dipende dal Ministero della Cultura. Rappresenta senz'altro un punto di riferimento per quanti intendano approfondire argomenti di interesse religioso. Istituita dai monaci di Montevergine per la loro attività di studio e ricerca ancora oggi essa resta fedele alla natura e agli scopi originari a disposizione di speciali del settore e di ogni tipologia di utenza appassionata al tema. La Biblioteca è ospitata all'interno del prestigioso Palazzo abbaziale di Loreto di Mercogliano, un piccolo gioiello dell'architettura barocca, ed anche per questo è meta continua di visitatori interessati non soltanto a consultare i suoi cataloghi. È dunque evidente che essa svolge una funzione di valorizzazione importante perché, oltre ad essere biblioteca, è luogo di interesse turistico. È ospitata all’interno del Palazzo abbaziale di Loreto. Le sue origini rimandano sono legate a San Guglielmo da Vercelli, il quale diede vita al nuovo monastero dotandolo sia di paramenti sacri sia di manoscritti greci e latini. La storia del Monastero e del suo archivio è fortemente legata a tutta la storia dell’Irpina e di altre regioni circostanti. Per questo motivo rappresenta uno spaccato attendibile ed inevitabile per qualsiasi studio sull’argomento che abbia come obiettivo una ricostruzione storica rigorosa e fedele della vita religiosa e civile di quelle zone dal Medioevo all’età contemporanea.  


Biblioteca Nazionale di Napoli “Vittorio Emanuele III”


La Biblioteca Nazionale "Vittorio Emanuele III" di Napoli è una biblioteca pubblica statale dipendente dal Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione generale Biblioteche e Istituti Culturali. Dopo le nazionali centrali di Roma e Firenze, è la maggiore biblioteca italiana, con un patrimonio di circa 19.000 manoscritti, di 4.563 incunaboli, di circa 1.800.000 di volumi a stampa e oltre 8.300 testate di periodici. Contiene la biblioteca reale borbonica e le principali raccolte di origine privata acquistate dallo Stato o donate oppure concesse in deposito perpetuo. Tra le principali si ricordano: le raccolte Brancacciana, Zagari, Villarosa, Piccirilli, Palatina, San Martino, San Giacomo, Provinciale. Vi sono poi le sezioni che ospitano particolari raccolte quali: Manoscritti e Rari, Emeroteca, periodici, la sezione Napoletana (dedicata a tutto ciò che riguarda Napoli e il Regno di Napoli), Lucchesi Palli (di particolare interesse per il teatro e lo spettacolo), Fondo Aosta, Sezione Americana, Sezione Venezuelana, la Sezione dei Papiri Ercolanensi, con 1.792 papiri, in cui vengono studiati i papiri rinvenuti nella Villa dei Pisoni ad Ercolano. La biblioteca ha sede nel Palazzo Reale dal 1927. Quest’ala del palazzo era destinata in origine ad appartamento delle Feste e per tale funzione di rappresentanza fu sontuosamente decorata sotto la direzione dell’architetto Gaetano Genovese (1837-48). Tra le altre cose notevoli da segnalare vi sono i manoscritti di Giovan Battista Vico, la raccolta poetica di Giacomo Leopardi, di Raffaele e Vittorio Viviani. In anni recenti è stato acquisito l’Archivio del regista Patroni-Griffi. 


Biblioteca Universitaria di Napoli


L'istituzione di una biblioteca fornita di una "quantità bastante di libri di tutte le scienze", e dotata di apposita regolamentazione, risale a Pedro Fernandez de Castro, conte di Lemos, viceré di Napoli dal 1610 al 1616, sul modello dell'Università di Salamanca. ll Palazzo degli Studi, a lavori non ancora ultimati, venne inaugurato il 14 giugno 1615. Carlo di Borbone, una volta asceso al trono di Napoli nel 1734, ordinò la ripresa dei lavori del Palazzo degli Studi; le misure adottate negli anni seguenti mirarono a restituire al complesso universitario decoro e funzionalità fino al suo definitivo trasferimento, nel 1777, all'interno del soppresso Collegio Massimo dei Gesuiti al Salvatore. Con la soppressione degli ordini religiosi, decretata dal governo di Giuseppe Bonaparte nel 1806, la Regia Università degli Studi accolse grandi quantità di libri già appartenuti ai monasteri e destinati al Collegio Reale. All'indomani dell'Unità d’Italia, l'Universitaria entrò nel novero delle biblioteche governative di prima classe. Nel tempo, si arricchì delle raccolte di Filippo e Carlo Cassola (chimica), di Francesco Briganti (scienze naturali), di Paolo Panceri (zoologia e anatomia comparata), di Oronzo Gabriele Costa (paleontologia), di Celestino Cavedani (filologia e archeologia). Pure rilevanti sono: la collezione dantesca donata, nel 1872, da Alfonso della Valle di Casanova, ricca di antiche e pregevoli edizioni; la raccolta di Vittorio Imbriani, di prevalente interesse letterario e linguistico; la cospicua raccolta di opere e opuscoli a carattere giuridico e letterario offerta, negli ultimi dell’Ottocento, da Domenico Viti e Domenico De Pilla. Nei primi anni del Novecento vennero accolte e catalogate le donazioni Padelletti, Battaglini (matematica) e Aievoli (medicina) che rafforzarono la sua identità scientifica. Restaurata dopo il terremoto del 1930 la Biblioteca subì, nell'ultimo conflitto mondiale, seri danneggiamenti e la perdita di pregevoli cinquecentine, bodoniane e volumi del fondo Casanova ricoverate nel Convento dei Frati Minori di S. Francesco a Minturno. Dopo il terremoto del 1980 numerosi interventi di restauro e di consolidamento hanno consentito il potenziamento delle attrezzature e un notevole rinnovamento dei servizi e delle strutture che ne hanno modernizzato la fruizione. 


Direzione regionale Musei Campania


Istituite con il D.P.C.M. del 2 dicembre 2019, n. 169, art. 39, le Direzioni regionali Musei sono articolazioni periferiche della Direzione generale Musei ma uffici di livello dirigenziale non generale. La Direzione regionale ha l’obiettivo di assicurare sul territorio di competenza l’espletamento del servizio pubblico di fruizione e di valorizzazione degli istituti e dei luoghi della cultura in consegna allo Stato o allo Stato comunque affidati in gestione, anche ai fini della per la costruzione del sistema museale regionale. Lavora per valorizzare e rendere fruibile la ricchezza culturale dei musei statali e di altri soggetti, non statali e privati, della propria regione anche mediante specifici accordi di valorizzazione. Coordina risorse umane, tecnologiche e finanziarie al fine di offrire al pubblico attività culturali ed espositive, servizi di accoglienza ed educativi di qualità. Sostiene la nascita di reti locali che coinvolgono diversi attori per lo sviluppo di itinerari culturali e la crescita dei territori in cui opera. Inoltre: programma, indirizza, coordina e monitora tutte  le  attività di gestione, valorizzazione, comunicazione e promozione  del  sistema museale nazionale nel territorio regionale;  garantisce omogeneità di servizi e  di  standard   qualitativi nell'intero sistema museale regionale; sovraintende  alla  definizione,  del progetto culturale di  ciascun  museo  o  luogo  della cultura di appartenenza statale all’interno del sistema regionale, in modo  da  garantire  omogeneità  e  specificità  di   ogni   museo, favorendone  funzione  di  luoghi  vitali,   inclusivi,   capaci   di promuovere lo sviluppo della cultura; assicura elevati standard qualitativi nella gestione  e  nella comunicazione, nell'innovazione didattica e tecnologica, favorendo la partecipazione  attiva  degli  utenti  e   assicurando   la   massima accessibilità ed altre specifiche funzioni che ne attestano il livello di responsabilità dirigenziali, amministrative e tecnico-scientifiche del settore di riferimento. La Direzione regionale Musei Campania ha sede a Napoli presso Castel Sant’Elmo; ad essa afferiscono i seguenti musei:  

  • Certosa e Museo di San Martino, Napoli – 081.2294503 

  • Castel Sant’Elmo e Museo Novecento a Napoli – 081.2294456;  

  • Museo della Ceramica “Duca di Martina” in Villa Floridiana, Napoli – 081.5788418 

  • Museo “Diego Aragona Pignatelli Cortes” e Museo delle Carrozze, Napoli – 081.7612356 

  • Parco e Tomba di Virgilio, Napoli – 081.669390 

  • Museo storico archeologico e Area archeologica di San Paolo Belsito, Nola – 081.5127184 

  • Certosa di San Giacomo, Capri – 081.8376218 

  • Villa Jovis, Capri – 081.8376218 

  • Grotta Azzurra, Anacapri – 081.8376218 

  • Museo archeologico territoriale della Penisola sorrentina “Georges Vallet”, Piano di Sorrento – 081.8087078 

  • Anfiteatro campano, Santa Maria Capua Vetere – 0823.844206 

  • Museo archeologico dell’antica Capua e Mitreo, Santa Maria Capua Vetere – 0823.844206 

  • Museo archeologico di Teanum Sidicinum, Teano – 0823.657302 

  • Teatro romano di Teanum Sidicinum, Teano – 0823.657302 

  • Museo archeologico di Calatia, Maddaloni – 0823.200065 

  • Museo archeologico nazionale dell’antica Allifae, Alife – 0823.787005 

  • Museo archeologico dell’Agro Atellano, Succivo – 081.5012701 

  • Certosa di San Lorenzo, Padula – 0975.77745/552 

  • Museo archeologico di Eboli e della Media Valle del Sele, Eboli – 0828.332684 

  • Museo archeologico nazionale della Valle del Sarno, Sarno – 081.941451 

  • Museo archeologico nazionale di Pontecagnano – 089.84818 

  • Museo di San Francesco a Folloni, Montella – 0827.69221 

  • Museo del Palazzo della Dogana dei Grani, Atripalda – 0825.626586 

  • Museo archeologico nazionale del Sannio Caudino, Montesarchio – 0824.834570 

  • Area archeologica del Teatro romano di Benevento – 0824.47213 


Film Commission


La Film Commission Regione Campania è un ente costituito dalla Regione Campania nel 2004. Operativa dalla primavera del 2005, la Film Commission Regione Campania è stata trasformata in Fondazione a gennaio 2014. La sua mission è quella di promuovere la Campania come set ideale per la realizzazione di film, serie televisive, spot pubblicitari ed altri prodotti dell’audiovisivo, rafforzando la visibilità della straordinaria varietà di location esistenti sul territorio. La Regione Campania, inoltre, ha affidato alla Film Commission  l’attuazione del progetto “Nuove Strategie per il Cinema in Campania” finanziato con risorse POC 2014 - 2020". 


Fondazione Campania dei Festival


La Fondazione Campania dei Festival, presieduta dal 2018 da Alessandro Barbano e diretta dal 2017 da Ruggero Cappuccio, è un ente in-house providing della Regione Campania che da sedici anni, in maniera permanente, produce, promuove e amministra un articolato sistema multidisciplinare di progetti finalizzati alla diffusione della cultura.

Istituita nel 2007, la Fondazione Campania dei Festival è oggi impegnata nella valorizzazione dei beni culturali, nell’inclusione sociale, nella cooperazione internazionale e in attività di educazione rivolte alle nuove generazioni.

Attualmente la Fondazione realizza progetti di spettacolo dal vivo (Campania Teatro Festival) e teatro sociale (Quartieri di Vita. Life infected with Social Theatre), editoria (Campania Libri), formazione nelle scuole, valorizzazione del patrimonio linguistico e collabora con numerose istituzioni nazionali e internazionali.


Museo Archeologico Nazionale di Napoli


Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dipendente dal Ministero della Cultura e dotato di autonomia speciale dal 2014, garantisce la tutela, la conservazione, la valorizzazione e la fruizione dei beni culturali che custodisce, diffondendone la conoscenza presso il pubblico e la comunità scientifica a livello nazionale e internazionale, mediante l’esposizione delle sue collezioni permanenti e l’organizzazione di mostre e progetti di ricerca. L’Istituto mira altresì a creare relazioni con i siti e gli enti del territorio in cui opera per promuovere la crescita culturale dei cittadini e lo sviluppo socio-economico del contesto. Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli è tra i più antichi e importanti al mondo per ricchezza e unicità del patrimonio posseduto.  

La formazione delle sue collezioni è legata alla figura di Carlo di Borbone, re di Napoli dal 1734, che promosse l’esplorazione delle antiche città sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e realizzò in città un Museo Farnesiano, trasferendovi da Roma e Parma parte della collezione ereditata dalla madre Elisabetta Farnese. Si deve al figlio Ferdinando IV, succedutogli nel 1759, il progetto di riunire nell’attuale edificio, sorto alla fine del 1500 come cavallerizza e dal 1616 al 1777 sede dell’Università, la Collezione Farnese e la raccolta di reperti vesuviani già esposta nel Museo Ercolanese nella Reggia di Portici. Dal 1777 l’edificio fu interessato da una lunga fase di lavori di ampliamento affidati agli architetti F. Fuga e P. Schiantarelli, ma i primi allestimenti furono realizzati nel decennio della dominazione francese (1806-1815). Con il ritorno dei Borbone a Napoli nel 1816, il Palazzo assunse la denominazione di Real Museo Borbonico, concepito come museo universale. 

Il Museo, divenuto Nazionale nel 1860, andò arricchendosi con l’acquisizione di reperti provenienti 

dagli scavi nei siti della Campania e dell’Italia Meridionale e da collezioni private, divenendo esclusivamente Archeologico dopo il trasferimento della Pinacoteca a Capodimonte nel 1957. Attualmente il Museo espone circa 18000 opere afferenti alle collezioni Farnesiane (in prevalenza sculture e gemme) e vesuviane (come affreschi, mosaici, oggetti di vita quotidiana), cui si aggiungono quelle comprese nelle sezioni Egizia, Epigrafica, Campania Romana, Numismatica, Magna Grecia, Preistoria e Protostoria, Isola d’Ischia, Piana Campana. 



Archivio Amelio-Santamaria


L’Archivio Amelio-Santamaria, custodito e gestito da Anna Amelio, Paola Santamaria e Eduardo Santamaria, raccoglie la più completa documentazione sulla figura e sull’opera del gallerista napoletano Lucio Amelio (1931-1994), uno degli indiscussi protagonisti del rinnovamento della scena artistica contemporanea in Italia.

L’Archivio privato Amelio-Santamaria si pone come finalità la promozione della cultura e dell'arte ed è costantemente impegnato nell'organizzazione e nella conservazione delle tracce e della memoria del lavoro svolto da Lucio Amelio, e del suo rapporto con artisti, galleristi e istituzioni del territorio e internazionali, di cui ne promuove la conoscenza, attraverso la conservazione di una pluralità di documenti di altissimo valore artistico raccolti nel corso della sua attività dal 1965 al 1994. Collabora, inoltre, alla realizzazione di mostre, cataloghi e altre iniziative culturali; tali collaborazioni si svolgono con istituzioni (musei, fondazioni e gallerie) tra le più prestigiose della scena artistica nazionale ed internazionale.

L’Archivio costituisce un patrimonio importante per la ricostruzione storica non solo della figura di Lucio Amelio, ma documenta anche i tanti momenti che hanno caratterizzato trent’anni di vita culturale a Napoli e in Campania, vissuti da Amelio quale protagonista in prima linea di proposte volte a "sprovincializzare" l'ambiente culturale dove ha operato.


Archivio Lia Incutti Rumma


L’Archivio Lia Incutti Rumma di Napoli custodisce il Fondo Marcello Rumma, un archivio “di persona” che testimonia l’opera e la vita fulminea di Marcello Rumma (1942-1970), documentando i sei anni della sua attività pubblica dal 1965 al 1970. Marcello Rumma, giovane intellettuale e mecenate salernitano, negli anni Sessanta, insieme alla moglie Lia, poco meno che ventenni, si fa promotore tra il 1965 e il 1970 (anno della sua precoce scomparsa) di mostre di una nuova generazione di artisti emergenti e di molteplici iniziative imprenditoriali e culturali tra Salerno e Amalfi.

Il Fondo Marcello Rumma, così nominato dopo il suo ordinamento e conservato dalla moglie nell’Archivio Lia Incutti Rumma di Napoli, raccoglie varie tipologie di documenti, corrispondenza, inviti, fotografie, articoli di giornali, cataloghi, che testimoniano l’impegno di educatore di Marcello Rumma nel Collegio di famiglia Arturo Colautti di Salerno (Rumma affianca il padre e professore di matematica Antonio, nei primi anni Sessanta, nella gestione del collegio), ma anche il suo impegno come promotore di importanti rassegne espositive tra Salerno e Amalfi, di fondatore di una casa editrice e di mecenate e collezionista di opere d’arte contemporanea. Un materiale che parla sì dell’imprenditore e mecenate Marcello Rumma, ma che ci accompagna anche nel ricostruire fatti e vicende dell’arte, soprattutto italiana, a lui contemporanea.


Archivio Marina Vergiani


L’Archivio Marina Vergiani è un archivio di persona privato che comprende una raccolta di documenti testuali e audiovisivi ideati e diretti da Marina Vergiani, architetto e autrice di documentari video sulla città e sull’arte a Napoli, tra il 1984 e il 2013.

Marina Vergiani (1952-2015), è stata architetto, autrice di documentari video sulla città e sull’arte, per lunghi anni dirigente culturale del Comune di Napoli e instancabile promotrice della valorizzazione e conservazione di documenti storici del teatro, delle realtà sociali e lavorative, del territorio e delle sue trasformazioni. Nella sua carriera ha collaborato con università, teatri, assessorati, istituzioni, fondazioni e associazioni culturali, occupando posizioni di prestigio quali quella di docente di Tecniche di valorizzazione dei Beni Culturali all’Università Suor Orsola Benincasa e assumendo poi la direzione del PAN - Palazzo delle Arti di Napoli dal 2005 al 2011. All’attività istituzionale ha sempre affiancato quella di ricerca e di produzione, collaborando con registi e filmmaker quali Mario Martone e Mario Franco, scrivendo soggetti e sceneggiature.

L’Archivio di Marina Vergiani comprende alcune migliaia di documenti su supporti elettronici, digitali, cartacei già schedati e, in particolare: la raccolta di materiali audiovisivi ideati e diretti da Marina Vergiani tra il 1984 e il 2013; la raccolta dei materiali video prodotti da B. Sketch tra il 1987 ed il 1991; la raccolta di scritti, storyboard, disegni, fotografie, pubblicazioni, manifesti, locandine, ideati con e da Giuliano Longone, Michele Bellamy Postiglione e Leonardo Coen Cagli.


Biblioteca e Complesso Monumentale dei Girolamini


Il vasto Complesso Monumentale dei Girolamini ospita una Chiesa in stile barocco che, per la sua decorazione in oro, fu definita una “Domus Aurea” e due chiostri monumentali; una prestigiosa Quadreria dove sono esposte numerose opere di artisti di scuola napoletana e di tanti importanti pittori operanti in città; una ricca Biblioteca (la più antica di Napoli) dove vengono conservati importanti e rari manoscritti. Il complesso monumentale, dedicato alla Natività di Maria ed a tutti i Santi, vide la luce nel 1586 con l’insediamento a Napoli dei padri Filippini Oratoriani. Deve il suo nome ai religiosi seguaci di san Filippo Neri che ebbero come loro primo luogo di riunione la chiesa di San Girolamo della Carità a Roma. I padri per edificare la chiesa acquistarono il Palazzo Seripando di fronte al Duomo, e tutti i palazzi che delimitavano l’area, abbattendo anche antiche chiesette, crearono così lo slargo per la facciata della chiesa dei Girolamini, detta anche di San Filippo Neri. La facciata principale della Chiesa Dei Girolamini è su largo dei Girolamini, lungo via dei Tribunali. L’ingresso alla chiesa avviene però dalla laterale via Duomo tramite il chiostro della porteria al civico 142 dove in origine sorgeva il rinascimentale palazzo Seripando. Il complesso monumentale è stato dichiarato monumento nazionale nel 1866 e a partire dal 2010 tutto il convento è stato interamente musealizzato. Il cinquecentesco edificio religioso, con i suoi 68 metri di lunghezza e i 28 metri di larghezza, è uno i più vasti di Napoli. Al suo interno si scoprono capolavori del tardo-manierismo romano e napoletano, del naturalismo e del barocco trionfante. La Biblioteca che occupa quattro stupende sale settecentesche e due moderne, è la più antica tra quelle napoletane, a lungo frequentata da Giambattista Vico e Benedetto Croce. La Quadreria dei Girolamini è un piccolo museo. Qui si scoprono opere di pittori appartenenti alla scuola napoletana come Massimo Stanzione, Luca Giordano, Battistello Caracciolo, Francesco Solimena oltre a opere di Guidi Reni, Sammartino, Ribera e Francesco Gessi.


Complesso monumentale di San Severo al Pendino


La Chiesa di San Severo al Pendino è una chiesa monumentale di Napoli, attualmente sconsacrata ed utilizzata come spazio espositivo. La chiesa venne fondata nel 1448 con il nome originario di Santa Maria a Selice. Nel 1550 fu concessa ai Domenicani che nel 1587 acquistarono il vicino Palazzo Como per utilizzarlo come convento. Tra il 1599 e il 1620 la chiesa venne demolita e ricostruita su progetto di Giovan Giacomo Di Conforto, che diede all'edificio un aspetto tardo manierista. Nel 1818 la struttura venne utilizzata come prima sede dell'Archivio di Stato, poi, con il ritorno dei religiosi, il complesso venne rifatto nel 1845 da Filippo Botta. Con i lavori di via Duomo la chiesa venne privata della facciata barocca e delle prime due cappelle, diminuendo la lunghezza della navata e sostituendo la facciata con una più semplice in stile neorinascimentale. Durante la seconda guerra mondiale venne utilizzata come rifugio antiaereo, mentre venne danneggiata dal terremoto del 1980. Dopo cinquant'anni dalla fine della guerra la chiesa è stata restaurata, riconducendo la struttura alla sua architettura originaria.


Conservatorio San Pietro a Majella


Il Conservatorio di Musica San Pietro a Majella, dichiarato reale nel giugno 1807 con decreto di Giuseppe Napoleone, ha una storia ricca, nata dalla fusione di diverse istituzioni preesistenti: i Conservatori di Santa Maria di Loreto, Sant'Onofrio a Capuana e Santa Maria della Pietà dei Turchini, che operavano nell'ambito dell'assistenza e della formazione musicale a Napoli durante l'età moderna. Questi conservatori si inserivano in politiche più ampie di carità e beneficenza dell'epoca, offrendo assistenza all'infanzia indigente e abbandonata e sviluppando competenze musicali. Nel corso del tempo, la musica divenne sempre più centrale nelle attività degli istituti, tanto che si trasformarono in vere e proprie scuole musicali, aprendosi anche ad allievi esterni.

Con il passare degli anni, il controllo degli enti di assistenza da parte dello Stato portò a cambiamenti nelle strutture e nelle modalità di gestione dei conservatori. Il Conservatorio di Santa Maria di Loreto si unì a quello di Sant'Onofrio a Capuana nel 1797, mentre nel 1806-1807 si verificò la fusione con il Conservatorio della Pietà dei Turchini, dando vita al Reale Conservatorio di Musica di San Pietro a Majella. L'istituzione era diretta da una direzione tecnica ed economica, con regole rigide di gestione e un sostegno costante dei benefattori. La formazione musicale era al centro delle attività, seguendo i principi dei grandi maestri del passato come Durante, Finaroli e Zingarelli.

Dopo l'unificazione nazionale, si sviluppò la necessità di uniformare la normativa e l'organizzazione degli istituti musicali preunitari. Nel 1871, su iniziativa di Giuseppe Verdi, fu convocata una commissione a Firenze per stabilire un indirizzo comune per l'insegnamento musicale in Italia.

Il Conservatorio di Napoli, nel corso del tempo, ha dovuto bilanciare la conformità alla normativa nazionale con la difesa delle sue peculiarità come ente autonomo. Questa battaglia si concluse nel 1890, quando lo statuto confermò la sua autonomia morale e la sua missione educativa sia nella musica che negli studi letterari. La normalizzazione degli aspetti amministrativi e normativi avvenne con i provvedimenti legislativi del 1912 e del 1918 e la Riforma Gentile. Questi atti stabilirono le prime disposizioni comuni per gli istituti governativi e ridefinirono l'organizzazione didattica e amministrativa. Infine, con la legge n. 508 del 1999, si completò il processo di rinnovamento dell'apparato didattico del Conservatorio di Napoli, in linea con gli standard dell'Alta Formazione Artistica e Musicale.


Direzionale regionale Musei Campania, Archivio Castel Sant’Elmo/Fondi arte contemporanea


La Direzione regionale Musei Campania ha l’obiettivo di potenziare le attività di valorizzazione dei musei italiani ed è il punto di connessione tra centro e periferia: opera per favorire il dialogo tra enti statali e locali, tra realtà museali pubbliche e private, per la costruzione del sistema museale regionale. Lavora per valorizzare e rendere fruibile la ricchezza culturale dei musei statali della propria regione. Coordina risorse umane, tecnologiche e finanziarie al fine di offrire al pubblico attività culturali ed espositive, servizi di accoglienza ed educativi di qualità. Sostiene la nascita di reti locali che coinvolgono diversi attori per lo sviluppo di itinerari culturali e la crescita dei territori in cui opera. Le Direzioni regionali Musei, uffici di livello dirigenziale non generale, sono articolazioni periferiche della Direzione generale Musei.

Il patrimonio documentario di Castel Sant’Elmo è costituito da più fondi legati alla programmazione culturale e alla formazione delle collezioni d’arte e prodotti da differenti uffici, di quella che oggi è la Direzione regionale Musei Campania, dislocati in ambienti diversi del castello. Nello specifico, si tratta dei fondi del Museo Novecento a Napoli, dell’Ufficio stampa, della Fototeca e della Biblioteca di Storia dell’arte “Bruno Molajoli”, composti da corrispondenze, documentazione audio, video e fotografica, materiale di comunicazione, rassegne stampa, cataloghi.

L’Archivio Castel Sant’Elmo/Fondi arte contemporanea mette insieme, in ambiente digitale, le diverse raccolte documentali, per un insieme che comprende oltre 1.000 fotografie tra positivi a stampa, diapositive e fotografie digitali; più di 30 documenti audiovisivi; quasi 200 tra comunicati e rassegne stampa e circa 50 cataloghi, oltre a inviti, brochures, progetti di allestimento.


Duomo di Napoli


Il Duomo di Napoli, la Cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta, è situato lungo l’ottocentesca via omonima. Un’arteria pensata in età borbonica ma realizzata solo con lo sventramento della città nei primi decenni dell’Unità d’Italia. L’edificazione della Cattedrale fu voluta da Carlo d’Angiò nel 1294, nel luogo dove sorgevano due antiche basiliche: Santa Restituta e Stefania. Per lasciar posto alla nuova costruzione, quest’ultima fu completamente demolita, mentre la basilica di Santa Restituta fu ridotta al ruolo di cappella laterale. Il Duomo ricostruito in stile gotico, ha un impianto a croce latina, a tre navate. Il soffitto della navata principale è a cassettoni, in legno intagliato e dorato, mentre le navate laterali hanno volta a crociera, con decorazioni barocche. Le decorazioni a stucchi che decorano tutta la chiesa sono della fine del Seicento. La facciata alta circa 50 metri, è dotata di tre portali, la porta di destra viene aperta soltanto per le festività che celebrano San Gennaro e in alcuni casi straordinari. Le navate laterali, con le loro cappelle e nicchie, testimoniano i vari passaggi nell’arte e nell’architettura napoletana nel corso dei secoli. Tra le tante cappelle, due si distinguono sopra le altre per dimensione e rilevanza artistica. La Cappella di Santa Restituta, sulla navata sinistra, che corrisponde all’antica basilica voluta dall’imperatore Costantino, si presenta con tre navate ed ospita oggi opere di Luca Giordano e sculture trecentesche. Da qui si accede anche alla zona archeologica che si trova sotto il Duomo, dove sono conservati importanti resti della città greco-romana e paleocristiana. A destra dell’abside c’è anche l’accesso al Battistero di San Giovanni in Fonte, considerato il più antico d’occidente. La Cappella del Tesoro di San Gennaro (la terza a destra) risale invece alla prima metà del XVII secolo. È in questa cappella, in stile barocco, che tutti gli anni si attende il miracolo della liquefazione del sangue del santo. Superato il cancello bronzeo di Cosimo Fanzago si entra in una cappella con pianta a croce greca con quattro bracci di dimensione ridotta e cupola a doppia calotta. Qui sono custoditi il busto d’argento e le ampolle col sangue di San Gennaro. Sotto l’altare maggiore si trova la Cappella del Succorpo, la cripta del Duomo, conosciuta anche come Cappella Carafa, in onore del cardinale Oliviero Carafa che la volle edificare per custodirvi le reliquie di San Gennaro insieme a quelle di altri 51 santi. Giovan Tommaso Malvito la concepì come se fosse una basilica. Ha una pianta a tre navate scandite da colonne antiche con capitelli ionici con delle nicchie laterali e una cappella terminale.


Fondazione Bideri


La Fondazione Bideri è una istituzione no profit costituita nel 1995 in memoria di Ferdinando e Rosa Bideri e riconosciuta a livello nazionale con decreto prefettizio il 20/02/2002. La Fondazione Bideri rivolge la sua attività alla promozione e valorizzazione della cultura napoletana: promozione intesa come recupero di una memoria storica che ha contribuito a definire i tratti fondanti della nostra identità, valorizzazione intesa come ricontestualizzazione in chiave contemporanea di contenuti artistici di grande valore. Depositaria di un notevole fondo di documenti storici, spartiti, testi autografi, quadri, strumenti musicali antichi, libri e materiale d’epoca, la Fondazione Bideri ha raccolto l’eredità morale di Ferdinando Bideri, autentico pioniere nel campo dell’editoria culturale che, alla fine del secolo XIX, fu tra i primi in Italia a dare un assetto industriale alla pubblicazione di libri e componimenti musicali. Oscar Wilde, Benedetto Croce, Matilde Serao, Edoardo Scarfoglio, D’Annunzio, Di Giacomo, Ferdinando Russo, Mario Costa, Francesco Paolo Michetti, Libero Bovio, Pietro Scoppetta sono solo alcuni dei nomi di letterati e artisti che collaborarono con Ferdinando Bideri e i suoi eredi pubblicando opere di grande spessore e lasciando documenti di notevole interesse che oggi sono al centro dell’attività della Fondazione Bideri. Attualmente la Fondazione Bideri è impegnata nella costituzione e nell’ampliamento di un imponente archivio digitale. Contemporaneamente la sua attività è finalizzata alla organizzazione di mostre, seminari e convegni. Le iniziative della Fondazione Bideri hanno lo scopo di valorizzare la canzone napoletana avendo come riferimento la storia della casa editrice Bideri. Le azioni hanno il loro punto di partenza in un processo di digitalizzazione che interessa l’intero fondo documentale. Facendo leva sulle opportunità offerte dalla smaterializzazione dei contenuti disponibili, sono sviluppate attività di tutela, sostegno e diffusione.


Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee – Museo Madre


Il museo Madre (acronimo per Museo d’arte contemporanea Donnaregina) nasce nel 2005, quando la Regione Campania acquista l’edificio di via Settembrini, contiguo alla Chiesa di Donnaregina Vecchia, per destinarlo a museo per l’arte contemporanea. La Regione Campania istituisce la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee quale ente funzionale regionale nel 2004.

La Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee è stata costituita il 22 novembre 2004 dalla Regione Campania al fine di “istituire, promuovere e gestire musei, centri d’arte e di cultura nel territorio della Regione Campania, acquisendo in via temporanea o permanente, a mezzo di contratti e/o accordi con Enti pubblici o privati, artisti e collezionisti, opere d’arte contemporanea da esporre permanentemente o temporaneamente nei propri musei o in mostre tematiche; svolgere attività culturali attraverso l’organizzazione di convegni, stage e seminari in tema di arte, letteratura, cinema, grafica, design, fotografia, architettura e di ogni altra forma di espressione artistica, moderna e contemporanea”. Dapprima strutturata in forma totalmente pubblica, nel 2011 la Regione Campania ha adottato una profonda riforma statutaria, che, in sintesi, ha modificato la figura del presidente, ruolo inizialmente riservato al Presidente della Giunta regionale o ad un componente della Giunta regionale, oggi ricoperto da persona che possieda “larga esperienza giuridica, economica e manageriale”; ha aperto alla possibilità di ingresso di altri soggetti nel consiglio di amministrazione; ha portato da tre a cinque i componenti del comitato scientifico; ha imposto la scelta del direttore mediante “pubblico concorso svolto secondo i principi nazionali e comunitari ad evidenza pubblica”; ha fissato in cinque anni la durata del suo incarico.


Fondazione Filiberto e Bianca Menna – Centro Studi d’Arte Contemporanea


La Fondazione Filiberto e Bianca Menna di Salerno è un centro Studi d’Arte Contemporanea che svolge un ruolo di primaria importanza nel campo della ricerca e della cultura che mirano a riconsiderare l’arte, irrinunciabilmente legata alla costruzione del nuovo, come motore di trasformazione della società. Nata nel 1989 per volontà della famiglia Menna, la Fondazione Filiberto Menna – Centro Studi d’Arte Contemporanea promuove iniziative e progetti volti a diffondere ed approfondire la conoscenza del presente dell’arte, rinnovando così la lezione teorica dello studioso salernitano, fra i protagonisti del dibattito critico del secondo Novecento.

Dal 2018 al nome di Filiberto, la Fondazione lega nella propria denominazione statutaria quello di Bianca (Pucciarelli in Menna) per meglio tutelare non solo il lavoro intellettuale della coppia, ma anche l’Archivio del Lavatoio Contumaciale e dell’Archivio Menna/Binga che conserva materiale cartaceo, video e fotografico, nonché un importante nucleo di opere realizzate da Tomaso Binga tra la fine degli anni Sessanta del secolo scorso e il primo ventennio del nuovo.

Distinguendo la propria azione da quella degli altri attori impegnati nel campo dell’arte, la Fondazione svolge la propria missione culturale con precise strategie operative che privilegiano il confronto critico e l’educazione, in una prospettiva orientata a quella costruzione del nuovo di cui lo stesso Menna è stato costante promotore nel corso della sua attività di ricerca.

Avvalendosi della collaborazione di giovani studiosi e grazie alla presenza di strutture e di strumenti adatti a realizzare iniziative legate all’attualità, la Fondazione, che ospita al suo interno un Archivio, una Biblioteca (aperta al pubblico nel 1994) e una Mediateca, si presenta come spazio dinamico e polifunzionale: un luogo di studio e un laboratorio creativo in grado di monitorare i territori dell’arte contemporanea e di dare un futuro alle idee dell’arte e della critica a lei dedicata.

La Fondazione organizza, all’interno dei suoi spazi, una serie di attività orientando il suo lavoro sui temi dell’arte, della critica d’arte e della teoria delle arti, formulando, inoltre, felici relazioni con il pensiero filosofico e con le esperienze musicali dell’attualità.

A questi nuclei centrali, che seguono gli interessi di Filiberto Menna, va aggiunto, inoltre, l’impegno che la Fondazione mostra, da anni, anche nei campi della formazione e della didattica per avvalorare un discorso legato non solo alle pratiche artistiche del presente dell’arte ma anche a nuove strategie educative e comunicative.


Fondazione ilCartastorie


La Fondazione ilCartastorie nasce nel 2016 come ente strumentale della Fondazione Banco di Napoli. La sua costituzione risponde operativamente agli scopi statutari di quest’ultima nel settore dell’arte e delle attività culturali. In particolare, la Fondazione ilCartastorie persegue le finalità di cura, conservazione, gestione, manutenzione, promozione e valorizzazione dell’Archivio Storico del Banco di Napoli, il più grande archivio di natura bancaria al mondo, nel quale sono raccolti preziosi documenti capaci di documentare 500 anni di storia napoletana, meridionale, italiana, europea e di paesi extra-europei. Nella mission ha spiccato rilievo la gestione del Museo che ne porta il nome con le operazioni culturali annesse (mostre, attività didattiche e laboratoriali, esposizioni, convegni, ecc.). La strategia del Museo, che può essere definita trans-mediale, è il luogo di raccordo da cui si raccontano e divulgano storie sul proprio patrimonio, secondo una logica di diversificazione dell’offerta e segmentazione dei destinatari, facendo leva su linguaggi e modalità di fruizione differenti. Il percorso multimediale che costituisce il cuore del sistema di offerta, è disponibile ai visitatori in maniera permanente dalla primavera 2016, ma vengono organizzate anche rappresentazioni teatrali, concerti, eventi a tema storico, laboratori di scrittura creativa, visite guidate, tradizionali o teatralizzate e residenze d’artista. Un modo per rispondere al meglio alla domanda locale di cultura e di sostenere al tempo stesso i flussi turistici, in quell’ottica di aggregatore sociale e promotore di sviluppo economico che da sempre contraddistingue l’operato della Fondazione Banco di Napoli.



Comune di Eboli, Archivio storico comunale


Il Comune di Eboli è conosciuto in tutto il mondo grazie al famoso libro di Carlo Levi, “Cristo si è fermato a Eboli”, pubblicato da Einaudi nel 1945. Sporadici ritrovamenti sulle colline testimoniano arcaiche frequentazioni umane in periodi anteriori al terzo millennio a.C. Colonizzata dai Greci, sotto i Romani è una comunità di una certa importanza sociale e politica grazie ai traffici della via Popilia, e viene innalzata alla dignità di municipio. In età tardo imperiale i flussi commerciali si spostano, la valle del Sele subisce un impaludamento della parte bassa, impossibile da impedire, seguono invasioni barbariche e piratesche che costringono le popolazioni a rifugiarsi sui monti. Distrutta da Alarico nel 410 a.C. e in maniera più grave dai Saraceni nel IX e X secolo. Feudo importante sotto i Normanni e gli Svevi. Nel '500 passò nelle mani di varie famiglie, tra cui i Doria d’Angri a cui rimase fino al 1806. Nel periodo fascista risale la bonifica della vasta area paludosa.
La biblioteca comunale di Eboli è situata nel Complesso Monumentale di S. Francesco, al lato dell’omonima Chiesa, e al suo interno ospita l’Archivio Fotografico, la Mediateca (prima struttura del genere nata nel sud Italia grazie al Piano d’azione Mediateca 2000), l’Archivio storico e la sala auditorium / centro congressuale “Mangrella”. L’Archivio Storico è conservato nei locali della Biblioteca e comprende le deliberazioni di Giunta e Consiglio Comunale dal 1868 al 1953 e i documenti storici dal 1810 al 1953, inventariati circa 20 anni fa con l’aiuto della Soprintendenza Archivistica di Napoli. Delibere e Sedute del Decurionato si collocano anch’esse in biblioteca. L’Archivio è diviso in tre nuclei: Archivio storico (provvisto di inventario dattiloscritto a cura di Luigia Grillo), Archivio Fotografico e Biblioteca (la cui sezione moderna è catalogata in SBN).


Comune di Fisciano, Archivio Storico Comunale


Il Comune di Fisciano, a soli 14 km a nord di Salerno, adagiato nella Valle dell'Irno, situato in parte sul versante sud-occidentale del Pizzo San Michele (1.567 m s.l.m.), in parte sul rilievo del monte Monna e, nella parte bassa, nella Valle alluvionale del Solofrana. Il Territorio del comune comprende colline, piccole valli, boschi, faggeti, uliveti e castagneti, ed è formato da rocce calcaree dolomitiche che costituiscono il substrato alluvionale (ghiaia e tufo grigio) e vulcanico (lapilli, pozzolane, pomici) che nei secoli hanno riempito il fondo valle. La storia dell’Archivio Storico Comunale di Fisciano segue da vicino quella del soggetto produttore, legata, almeno fino agli inizi del XIX sec., alle vicende storico-politiche dell’attuale Comune di Mercato San Severino. In merito all’ubicazione dell’Archivio, fino al 1819 esso era custodito nella stanza della cancelleria della “Casa comunale”, sita nel plesso del convento dei Domenicani, ormai soppresso. Nel 1837 fu disposto che il Cancelliere archivista procedesse all’inventariazione di tutte le carte d’archivio. Nel 1844 si avviò il primo tentativo di unificare le modalità di gestione degli archivi comunali dell’intera Provincia di Principato Citeriore. Da allora si sono succeduti alcuni riordini, all’ultimo dei quali è seguita, nel 2008, la pubblicazione dell’inventario a cura di Biancamaria Trotta, frutto della collaborazione tra il Comune e la Cattedra di Archivistica dell’Università degli Studi di Salerno. Nel 2002 il Comune dà il via a una serie di lavori che portano alla sistemazione dell’Archivio di deposito e al recupero dell’Archivio Storico, con il trasferimento di entrambi nella nuova sede comunale, più adatta alla relativa conservazione.


Comune di Maddaloni, Biblioteca Comunale


Il Comune di Maddaloni ha origini antiche, nella pianura sottostante sorgeva infatti l'antica città di Calatia lungo il tracciato della Via Appia. Durante il IX secolo divenne un centro agricolo e commerciale. Nel XIII secolo, passò sotto il controllo del Regno di Napoli e assunse le forme di una città fortificata. Nel 1500, è sotto il dominio dei Carafa. Nonostante un devastante terremoto nel 1700, la città fu ricostruita e crebbe come centro culturale ed economico. Durante il periodo borbonico, è prestigioso centro di produzione artigianale. Tra i monumenti da visitare, ricordiamo: il Castello Medioevale e la Torre Longobarda; la Chiesa di San Michele Arcangelo; il Casino di Starza Penta, una delle più significative testimonianze storiche e monumentali di Maddaloni, oggi sede del Museo Archeologico di Calatia; il Convitto Giordano Bruno, la più antica istituzione scolastica della provincia che oggi ospita l’attuale Biblioteca Comunale. La Biblioteca fu istituita con delibera consiliare n. 39 del primo marzo 1969. Come prima sede furono scelti i locali a piano terra del Palazzo Barletta in via Amendola nel 1974, anno in cui fu adottato il primo Regolamento della Biblioteca. Nel 1981 fu inaugurata la sede di Piazza della Pace e nel 1987 la Biblioteca diede inizio alla gestione automatizzata dei servizi con il programma SEBINA, compatibile con il Servizio Bibliotecario Nazionale. Nel 1996, con delibera consiliare n. 671 del 29 luglio, è diventata Istituzione, ovvero la Biblioteca fu dotata di autonomia gestionale, con un consiglio di amministrazione nominato dal Sindaco. Nell’anno 2014 la Biblioteca fu trasferita presso la sede attuale dell’ex Liceo Classico “Giordano Bruno”.


Comune di Marcianise, Biblioteca Comunale


Il Comune di Marcianise, posto al centro della fertile pianura della Terra di Lavoro, quella che gli antichi definivano "Campania Felix", fu sede di insediamenti fin da epoca molto remota. La prima citazione del toponimo, nella forma "Marcenisi", risale al 1052, in un documento di archivio riportato da Leone Ostiense. Dopo una dominazione longobarda ed una breve dominazione normanna, Marcianise divenne direttamente dipendente dagli Arcivescovi di Capua. Nei tempi moderni diviene un importante centro agricolo, deve il suo sviluppo alla bonifica (Regi Lagni) del territorio circostante. Nel Comune di Marcianise ha sede la Biblioteca "Gaetano Andrisani", fondata, come biblioteca popolare, nel 1868 ed inaugurata, il 12 dicembre dello stesso anno, dal Sindaco Notar Nicola Gaglione, insieme con l'Asilo Infantile e le Scuole Elementari Maschili e Femminili. Aveva una dotazione libraria di 1.100 volumi pubblicati tra il 1600 e il 1800. "A questa nel 1920 o nel 1921 fu unita la biblioteca del canonico G.B. Novelli, composta da 570 libri editi tra il 1500 e il 1800. Da questa unione nacque la biblioteca popolare circolante presso le scuole elementari. La Biblioteca comunale ebbe uno sviluppo veramente grandioso: nel 1939, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, contava ben 4600 volumi ed era stata segnalata dal Ministero della Educazione Popolare e dalla Biblioteca Nazionale di Napoli per la cospicua attività di prestiti e di scambi. Oggi la Biblioteca conta circa 21.000 volumi ed opuscoli, 2 edizioni del '500, 5 edizioni del '600, 40 edizioni del '700, 1000 edizioni del '800 oltre che un bel fondo di letteratura del '900 (con 5100 testi) e libri per ragazzi (circa 568).


Comune di Meta, Archivio storico comunale


Meta è un Comune della Penisola Sorrentina che si estende tra il mare e le alture retrostanti, grazie alle sue bellissime spiagge è meta agognata per il turismo balneare estivo. Per parte della sua storia, il Comune si è trovato sotto il dominio di Sorrento, insieme alla vicina cittadina di Piano. In epoca fascista, Meta fu unita ad altri centri a formare un unico Comune con Sorrento. Solo dal 1946 tornò ad essere un Comune indipendente.

La documentazione conservata presso l’Archivio storico comunale riflette questa articolata storia del centro peninsulare. L'Archivio conserva documenti di grande valore storico e culturale: registri di stato civile, atti notarili, documenti amministrativi, mappe, fotografie d’epoca e molto altro. Questi documenti sono essenziali per la ricerca genealogica, lo studio della storia locale e la comprensione delle tradizioni e delle vicende passate della comunità.


Comune di Napoli, Archivio storico dell'Ufficio di Urbanistica


Napoli, posta al centro del Mediterraneo, si apre a forma di anfiteatro sul mare, delimitata dal Vesuvio, dai Monti della costa e dalle isole di Capri, di Ischia e di Procida e dal Capo Miseno. La città è per popolazione la terza più grande d’Italia dopo Roma e Milano, nonché la più importante città del Mezzogiorno che si estende su un territorio di 11.727 ettari e con 1.020.120 abitanti che rappresentano il 32,84% di quella della sua Provincia (3.059.196) e poco più della metà di quello della Regione (5.701.931). Città con una storia millenaria, fondata dai Greci con il nome di Partenope, presidio militare e commerciale nell'area che include l'isolotto di Megaride (l'attuale Castel dell'Ovo) e il Promontorio di Monte Echia (l'odierna Monte di Dio e Pizzofalcone), detta poi “Palepolis” (città vecchia) a seguito della sua distruzione e fondazione di un nuovo centro abitato più interno e protetto detto Neapolis, “nuova città”, nel 470 a.C. Durante l’era romana, fu un importante centro commerciale e culturale. Nel Castrum Lucullianum (Castel dell'Ovo), il 476 d.C. muore l'ultimo imperatore d'Occidente Romolo Augusto. Nel IX secolo, Napoli divenne la capitale del Ducato di Napoli e successivamente del Regno di Napoli. Nel 1224 Federico II vi fonda la prima Università di Stato chiamata "lo Studio". Durante il Rinascimento, la città prosperò grazie all’arte, alla letteratura e alla scienza. Nel XV secolo, Napoli passò sotto il dominio degli Aragonesi e poi degli Spagnoli. Nel 1734, grazie a Carlo di Borbone, finalmente è un Regno autonomo. Nel 1860, fu coinvolta nei movimenti per l’unificazione dell’Italia, svolgendo un ruolo cruciale nella creazione del Regno d’Italia. Oggi, Napoli è famosa in tutto il mondo come città d’arte, per la sua architettura barocca, i suoi musei, le chiese e i palazzi storici. Il suo Centro Storico è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1995.

Il 21 maggio 1998 fu aperta al pubblico la Casa della Città, centro di documentazione e iniziativa del servizio pianificazione urbanistica con lo scopo di promuovere la conoscenza e la discussione delle politiche urbanistiche del Comune. La struttura si apre ospitando il Maggio della Città, dove s'incontrano la mostra sulla pianificazione urbanistica e una rassegna di esperienze di conoscenza e intervento sul territorio, condotte da scuole, associazioni e organismi di quartiere. L'incontro-mostra si propone come occasione per favorire l'interazione fra istituzioni e cittadini interessati alle politiche urbanistiche. La formazione di un Archivio sull'urbanistica, l'ambiente e il territorio napoletani, costituito a partire dall'acquisizione della raccolta Iannello, apre dal marzo 2001 un nuovo settore di attività rivolta, in particolare, a studenti, ricercatori e cultori della materia.


Comune di Nocera Inferiore, Biblioteca comunale


Nocera Inferiore, comune in provincia di Salerno, sviluppato centro commerciale, situato nel mezzo di una fertile pianura ai piedi del versante settentrionale dei monti Lattari. Fondata dagli Etruschi e dagli Italici Sarrasti, è oggetto di conquiste e saccheggi da parte di varie popolazioni, tra cui Etruschi, i Sanniti, i Romani ed i Longobardi. Tra i luoghi di culto visitabili oggi si ricordano: Vescovado; Castello del Palazzo Fienga; Museo provinciale dell’agro nocerino allocato dal luglio del 1965, all’interno del Convento di Sant’Antonio sorto nella seconda metà del XIII secolo come convento francescano; Convento di Sant’Andrea; Convento di Santa Chiara; Convento di Sant’Anna; Chiesa e pinacoteca di Sant’Antonio. La Biblioteca Raffaele Pucci è situata invece nel centro storico cittadino, in un edificio del 1800, e la sua superficie complessiva è di 270 m2. Dispone di una sala polifunzionale per conferenze e attività culturali. Ha un patrimonio librario di circa 7.000 volumi e un archivio storico con annesso centro di documentazione di storia locale e del Mezzogiorno. In Biblioteca sono attivi un gruppo di lettura, un gruppo di dizione, un gruppo scacchi e un gruppo per il recupero della manualità creativa. I gruppi sono coordinati dal personale della biblioteca e coinvolgono scuole e associazioni del territorio. È stato costituito il gruppo informale di cittadini “Amici della biblioteca comunale” e il folto gruppo “Camminare e conoscere” per gli itinerari culturali con letture ispirate ai luoghi della visita. I gruppi si avvalgono del supporto di tirocinanti, giovani in servizio civile e volontari in pensione. La Biblioteca, oltre al prestito librario e alla consultazione in loco, organizza incontri con le scuole e con gli autori, per la promozione del libro e della lettura, ma anche cineforum tematici e attività aggregative.


Comune di Sala Consilina, Biblioteca comunale


Il Comune di Sala Consilina, a 614 m s.l.m. in posizione panoramica sulla cima di un pendio che domina il Vallo di Diano, di cui risulta essere il centro più grande. Di origini antiche, tombe scoperte nel territorio attestano nel IX sec. a.C. un insediamento di cultura villanoviana. Occupata dai Normanni, a cui risalgono alcune strutture architettoniche, fu distrutta e occupata da Federico II di Svevia. Nel Seicento diventa sede vescovile, ma è nel Settecento che si registra un forte incremento demografico, con il raddoppio della sua popolazione. Il Comune conserva oggi gli atti di cui è soggetto produttore nei propri uffici e in alcuni locali di deposito, per la documentazione corrente. La documentazione storica è conservata invece presso il polo culturale, una sezione separata d'archivio della Biblioteca comunale “Carlo Nisi”. In particolare, l'archivio è ospitato all’interno dell’antico complesso monumentale dei Padri Cappuccini, edificato tra il XV e il XVI secolo e abbandonato dopo l'Unità d'Italia, a seguito della soppressione degli Ordini religiosi. Nota come "area cappuccini" o "quartiere", è composta da un agglomerato di edifici con spazi all'aperto e si estende su una superficie complessiva di oltre 11.000 m2. La zona coperta comprende il nucleo dell'ex monastero - con annessa Chiesa di Santa Maria degli Angeli, oggi Auditorium Comunale, e la parte propriamente conventuale. In tale nucleo è stato collocato l'Archivio Storico Comunale.


Fondazione Teatro di San Carlo


Il San Carlo viene istituito nel 1737 per volere di Carlo III di Borbone, l'inaugurazione avverrà il 4 novembre con l'"Achille in Sciro". Per il teatro fu scelto un sito a ridosso di Palazzo reale, in quello che doveva essere il centro della città nella revisione urbana di Carlo III.
Scintillante e sontuoso, il primo teatro lirico d'Europa abbaglierà musicisti e intellettuali per due secoli come si evince dalle tante cronache coeve. L'incendio del 1816 non ne appanna la gloria anzi, la celebre ricostruzione in nove mesi restituirà un edificio più bello e meglio costruito di prima.
Le stagioni musicali del San Carlo raccontano di un teatro al centro della scena musicale sia del '700 che dell'800, l'unità d'Italia sarà il primo vero momento di regresso relegandolo un po' nell'ombra fino alla fine del secolo. Il Novecento, con gradualità porterà la ripresa, ma i problemi di un teatro lirico non sono legati unicamente a sé stesso: la temperie culturale, la produzione artistica e la sua distribuzione, logiche gestionali unite a quelle economiche sono solo alcuni degli elementi che segnano le sorti dei singoli teatri. Per un tempo lunghissimo i teatri lirici sono stati totalmente gestiti da impresari privati, nel 1922 il San Carlo diventa ente autonomo, ma di fatto continua ad avere una gestione in appalto esterno. La legge 800 del 1967 fa per la prima volta ordine nella normativa degli enti lirici, il San Carlo diventa ente autonomo e con personalità giuridica di diritto pubblico, condizione formalmente già conseguita nel 1947. Viene istituito un Consiglio di amministrazione, il Soprintendente è nominato con decreto del Ministero per il turismo e spettacolo su indicazione del Consiglio comunale, il Direttore artistico viene nominato dal Consiglio di amministrazione scegliendo tra musicisti noti e di comprovata esperienza. Il cambio di prospettiva gestionale si ha con il decreto legislativo n. 367 del 1996, le "Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato" mutano gli enti lirici di diritto pubblico in fondazioni di diritto privato, viene ridotto il numero dei membri del Consiglio di amministrazione, il Direttore artistico, è nominato dal Soprintendente, sentito il Consiglio di amministrazione. Gli interventi architettonici più rilevanti, dopo la ricostruzione del 1816, sono la revisione della facciata laterale negli anni quaranta dell'800, la realizzazione del foyer nel 1937 e la successiva ricostruzione dopo i bombardamenti del 1943; in vista delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia, nel 2008 sono stati avviati importanti lavori di ristrutturazione volti alla conservazione degli spazi interni e all'adeguamento e al miglioramento degli spazi di rappresentazione e di lavoro; l'intervento è stato radicale, il 25 gennaio 2009 c'è stata la riapertura ufficiale.

 

Cronologia

Ente autonomo Teatro di San Carlo, 1967 - 1999
Ente Teatro di San Carlo, 1922 - 1967
Teatro di San Carlo, 1737 - 1922