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Otium e lusso: proprietari e ville romane nel Golfo di Napoli

Descrizione e Video

Il tratto di costa tra Capo Miseno e Punta Campanella, delimitante il Golfo napoletano, è disseminato dai resti archeologici di innumerevoli ville di lusso di età romana destinate agli ozi di personaggi illustri.

Crater ille delicatus (Epistulae ad Atticum 2.8.2), “quel delicato Cratere” è la famosa frase impiegata da Cicerone per descrivere l’amenità dell’area campana che si affaccia sul Golfo di Napoli. Non stupisce, dunque, che questo territorio fosse punteggiato da villae appartenenti a facoltosi personaggi della società romana. Le prime testimonianze in merito a residenze di lusso in questa zona risalgono agli inizi del II sec. a.C.: tra queste si può annoverare la villa – una tra le più antiche di Miseno –appartenuta a Cornelia, la famosa “madre dei Gracchi”.

Il Golfo di Napoli divenne un centro “mondano” soprattutto a partire dal periodo tardorepubblicano. A tal proposito è illuminante la testimonianza dell’Arpinate, che ricorda come molti membri degli ambienti altolocati romani si spostassero in primavera verso Pozzuoli e le zone limitrofe (Pro Plancio, 65) e come Cuma gli sembrasse una Roma in miniatura (Epistulae ad Atticum 5.2.2). Le fonti scritte testimoniano che lo stesso oratore fu proprietario di possedimenti a Cumae, a Puteoli e a Pompei.
Tuttavia bisogna ricordare che solo di rado è possibile associare i resti di una particolare residenza a uno specifico personaggio. Ad esempio, è un caso abbastanza eclatante la possibilità di identificare L. Calpurnio Pisone Cesoniano, console nel 58 a.C. e suocero di Cesare, con il proprietario della famosa “Villa dei Papiri” a Ercolano, oggi riprodotta su grande scala a Malibu in California per il petroliere J. P. Getty.

Ciononostante, gli studi archeologici, epigrafici e storici consentono di ricostruire un panorama sociale molto vario, che va dalle proprietà di preminenti figure locali, come i magistrati municipali, a quelle di grosse personalità della storia romana, fino, in età imperiale, ai possedimenti del princeps e della sua famiglia.

Tra i luoghi preferiti da questa ampia classe dirigente vi era certamente Baia, oggi sede di un complesso archeologico e di un parco sommerso. Qui possedevano una residenza alcuni tra i più importanti protagonisti della Roma tardorepubblicana, fra i quali lo stesso Cesare e forse anche la famigerata Clodia, moglie del politico Metello Celere, la cui bellezza fu probabilmente cantata dal poeta Catullo sotto le spoglie di Lesbia. Tra i letterati proprietari di villae, oltre a Cicerone, si possono ricordare i poeti Stazio e Silio Italico, il quale vi prediligeva il clima più salutare rispetto a quello romano. È verosimile che avessero proprietà anche Virgilio, il cui amore per Napoli è risaputo, Petronio, arbiter elegantiae della corte di Nerone, e il filosofo neoplatonico Plotino.

Il paesaggio idilliaco che offriva il Golfo si riflette nelle parole del geografo Strabone, il quale agli inizi dell’era cristiana notava come il seno fosse costellato sia da centri cittadini, sia “da residenze e piantagioni, le une vicine alle altre”, quasi da assumere “l’aspetto di una sola città” (Geografia 5.4.8). A guardarla dall’alto, tutta l’area sarebbe apparsa come un susseguirsi di lussuosi caseggiati con portici, peristili, giardini e terrazze riccamente decorate e ornate con statue e giochi d’acqua. 

Dalla testimonianza di Strabone emerge anche l’importanza dei centri urbani: a chi risiedeva lungo le sponde del Golfo si prospettava non solo il piacere “naturalistico” di godere di un’area di abbacinante bellezza e la possibilità di trascorrere tranquille giornate dedite a quell’otium tanto caro ai letterati latini ma anche l’opportunità di avere a portata di mano le piacevolezze che possono reperirsi in città. D’altro canto i centri abitati offrivano anche sbocchi commerciali sia per la produzione agricola sia per l’itticoltura; infatti, come dichiarato ancora una volta da Cicerone, le entrate derivate dalla lavorazione della terra rappresentavano un sostanzioso contributo per sostenere le spese per mantenere le sue ville a Cuma e Pozzuoli (De lege agraria, 2.78).

In età primo-imperiale, membri della famiglia del princeps avevano interessi economici nell’area del Golfo, testimoniati ad esempio dalla presenza di mattoni prodotti nelle officinae appartenenti all’imperatrice Livia.

Nonostante la diffusa presenza di proprietà imperiali, come notò John H. D’Arms, dalla fine del I sec. d.C. si verificò un graduale declino del Golfo napoletano come attrattore di proprietari facoltosi: i centri alla moda si spostarono altrove, da Formia all’alto litorale dell’Adriatico. Le motivazioni per questo mutamento sono molte e non ancora del tutto chiarite ma è certo che l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e la distruzione di Pompei, Ercolano e Stabia abbia assestato un colpo in seguito al quale il tessuto socio-economico dell’area litorale faticò non poco a riprendersi. Ciò, ovviamente, non significa che nel basso impero l’area fosse del tutto abbandonata dalle élite: sappiamo, infatti, che il senatore e scrittore Quinto Aurelio Simmaco, morto agli inizi del V sec., possedé ben sei ville nell’arco di territorio che va da Cuma a Pozzuoli.

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