null Napoli insorge. Le "Quattro Giornate" tra storia, letteratura, cinema e musica

Napoli insorge. Le "Quattro Giornate" tra storia, letteratura, cinema e musica

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Napoli insorge. Le "Quattro Giornate" tra storia, letteratura, cinema e musica

Tra il 27 e il 30 settembre 1943, Napoli fu scossa da un’insurrezione popolare per scrollarsi di dosso le truppe naziste, divenute dall’8 settembre – giorno dell’annuncio dell’Armistizio di Cassibile – forze occupanti. La cittadinanza napoletana insorta, coadiuvata da alcune forze militari fedeli al re e al Governo Badoglio, riuscì a respingere l’esercito tedesco, pagando un alto costo in vite umane. Il sacrificio di chi combatté per la libertà fece sì che gli Alleati trovassero la città ormai sgombra dalle truppe della Wehrmacht.

1

L'insurrezione

La liberazione autonoma ha fatto sì che questo episodio di guerra uscisse dalle mere discussioni storiografiche ed entrasse nel “mito”. Napoli era stata duramente colpita dalle operazioni belliche, in particolare dai bombardamenti alleati, miranti a distruggere le importanti strutture portuali, che avevano prostrato la popolazione e che puntavano non solo ad abbattere il potenziale industriale ma anche far rivolgere la cittadinanza contro “l’intruso tedesco” che aveva portato tanta sofferenza. Con la diffusione dell’armistizio la situazione iniziò a precipitare.

2

Il mito delle “Quattro Giornate”

Napoli diviene così la prima città d’Europa che riesce a liberarsi dall’occupazione nazifascista senza il diretto intervento delle truppe alleate. 
Le “Quattro Giornate” rappresentano «quattro giornate di lotta e di dignità ritrovata» (Giorgio Bocca, Storia dell’Italia partigiana, Milano 2012) e non poterono che divenire una potentissima immagine simbolica, per quanto romanzata in certi resoconti di guerra, di una popolazione che ambiva alla libertà e fu disposta all’estremo sacrificio per ottenerla. In questo episodio la Napoli reale, storica, si avvicina alla Napoli del mito.

3

Il mito al cinema

A sancire il ricordo delle “Quattro Giornate” contribuirono i film di Luigi Comencini, Tutti a casa, e di Nanni Loy, Le quattro giornate di Napoli.
Il film di Comencini, uscito nel 1960, narra le vicende di un gruppo di soldati italiani, guidati dal sottotenente Alberto Innocenzi interpretato da Alberto Sordi, che alla notizia dell’armistizio, ormai abbandonati a se stessi, decidono di ritornare a casa, per recuperare la protezione delle mura domestiche e il conforto degli affetti familiari, nella speranza che questi siano sopravvissuti alla furia della guerra. 

4

Il film di Nanni Loy

Il film fu ottimamente accolto negli Stati Uniti, venendo candidato ai premi Oscar del 1963 nella categoria miglior film straniero ma suscitò, altresì, lamentele da parte dall’ambasciatore tedesco in Italia e aspre polemiche sulla stampa in Germania, dove l’insurrezione era stata letta come una rivolta anarcoide di furfanti e prostitute. 

6

La demitizzazione

A infrangere il mito è l’immagine di una vittoria giunta solo a metà. Da alcune testimonianze emerge, infatti, una certa tristezza al ricordo dell’insurrezione. Giacomo De Antonellis, ad esempio, sottolinea con malinconia la speranza dei Napoletani allorquando, nella uggiosa mattina del 28 settembre, videro comparire sul mare un dispiegamento di navi e credettero erroneamente che gli Alleati fossero accorsi in loro aiuto (La fine del fascismo a Napoli, Milano 1967).

7

Le “Quattro Giornate” nella musica

In campo musicale una menzione particolare va sicuramente alla colonna sonora de Le quattro giornate di Napoli, composta da Carlo Rustichelli, che firma una indimenticabile Tarantella tragica, che seppe sottolineare il profondo pathos dei momenti più tragici del film e unire un episodio di storia a un tema musicale ben distinguibile.

Carlo Rustichelli - Tarantella Tragica

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Tra il 27 e il 30 settembre 1943, Napoli fu scossa da un’insurrezione popolare per scrollarsi di dosso le truppe naziste, divenute dall’8 settembre – giorno dell’annuncio dell’Armistizio di Cassibile – forze occupanti. La cittadinanza napoletana insorta, coadiuvata da alcune forze militari fedeli al re e al Governo Badoglio, riuscì a respingere l’esercito tedesco, pagando un alto costo in vite umane. Il sacrificio di chi combatté per la libertà fece sì che gli Alleati trovassero la città ormai sgombra dalle truppe della Wehrmacht.

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L'insurrezione

La liberazione autonoma ha fatto sì che questo episodio di guerra uscisse dalle mere discussioni storiografiche ed entrasse nel “mito”. Napoli era stata duramente colpita dalle operazioni belliche, in particolare dai bombardamenti alleati, miranti a distruggere le importanti strutture portuali, che avevano prostrato la popolazione e che puntavano non solo ad abbattere il potenziale industriale ma anche far rivolgere la cittadinanza contro “l’intruso tedesco” che aveva portato tanta sofferenza. Con la diffusione dell’armistizio la situazione iniziò a precipitare.

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Il mito delle “Quattro Giornate”

Napoli diviene così la prima città d’Europa che riesce a liberarsi dall’occupazione nazifascista senza il diretto intervento delle truppe alleate. 
Le “Quattro Giornate” rappresentano «quattro giornate di lotta e di dignità ritrovata» (Giorgio Bocca, Storia dell’Italia partigiana, Milano 2012) e non poterono che divenire una potentissima immagine simbolica, per quanto romanzata in certi resoconti di guerra, di una popolazione che ambiva alla libertà e fu disposta all’estremo sacrificio per ottenerla. In questo episodio la Napoli reale, storica, si avvicina alla Napoli del mito.

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Il mito al cinema

A sancire il ricordo delle “Quattro Giornate” contribuirono i film di Luigi Comencini, Tutti a casa, e di Nanni Loy, Le quattro giornate di Napoli.
Il film di Comencini, uscito nel 1960, narra le vicende di un gruppo di soldati italiani, guidati dal sottotenente Alberto Innocenzi interpretato da Alberto Sordi, che alla notizia dell’armistizio, ormai abbandonati a se stessi, decidono di ritornare a casa, per recuperare la protezione delle mura domestiche e il conforto degli affetti familiari, nella speranza che questi siano sopravvissuti alla furia della guerra. 

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Il film di Nanni Loy

Il film fu ottimamente accolto negli Stati Uniti, venendo candidato ai premi Oscar del 1963 nella categoria miglior film straniero ma suscitò, altresì, lamentele da parte dall’ambasciatore tedesco in Italia e aspre polemiche sulla stampa in Germania, dove l’insurrezione era stata letta come una rivolta anarcoide di furfanti e prostitute. 

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La demitizzazione

A infrangere il mito è l’immagine di una vittoria giunta solo a metà. Da alcune testimonianze emerge, infatti, una certa tristezza al ricordo dell’insurrezione. Giacomo De Antonellis, ad esempio, sottolinea con malinconia la speranza dei Napoletani allorquando, nella uggiosa mattina del 28 settembre, videro comparire sul mare un dispiegamento di navi e credettero erroneamente che gli Alleati fossero accorsi in loro aiuto (La fine del fascismo a Napoli, Milano 1967).

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Le “Quattro Giornate” nella musica

In campo musicale una menzione particolare va sicuramente alla colonna sonora de Le quattro giornate di Napoli, composta da Carlo Rustichelli, che firma una indimenticabile Tarantella tragica, che seppe sottolineare il profondo pathos dei momenti più tragici del film e unire un episodio di storia a un tema musicale ben distinguibile.

Carlo Rustichelli - Tarantella Tragica