Il Real
Sito di Carditello – noto anche come Real Tenuta, Real Casino o Reggia di
Carditello – è una residenza borbonica a carattere produttivo situata a quattro
chilometri da San Tammaro, in provincia di Caserta. Considerata l’amenità del
luogo e la bellezza del paesaggio, nel 1744 fu Carlo di Borbone a chiederne
prima l’affitto annuo e poi a ordinare l’esproprio della masseria e dei
territori circostanti di Giovanni D’Aquino, principe di Caramanico.
Circondato da più di duemila ettari di
rigogliosi boschi e campi, in parte acquitrinosi e coperti da cardi selvatici
(da cui il nome dell’area), il sito, dopo il passaggio di proprietà alla corona
borbonica, divenne noto anche come Reale
Delizia di Carditello. Questo nome indicava la predilezione di Carlo, così
come poi di suo figlio Ferdinando, a considerare l’area come luogo privilegiato
di caccia e loisir per la famiglia
reale e per i membri più stretti della corte borbonica.
Carditello rappresentava molto più che
una proprietà regia dove dilettarsi nell’arte venatoria e in cui trascorrere
lunghi e piacevoli soggiorni lontano dalla capitale borbonica: già Carlo,
ordinando le prime opere di riorganizzazione delle strutture già presenti e
della campagna circostante, prevede per il sito reale una vocazione produttiva,
destinando l’area paludosa all’allevamento delle bufale e trasformando
Carditello, di fatto, nella prima industria casearia moderna del Regno di
Napoli, nota anche come Reale Industria della pagliata delle bufale.
Nota è la particolare richiesta del sovrano di produrre non solo la mozzarella,
la provola e gli altri tipici latticini locali, ma anche di “importare” da
Parma i segreti della produzione del formaggio parmigiano, di cui Carlo era
ghiotto: infatti, il re era figlio di Elisabetta Farnese, principessa di Parma
e Piacenza, e proprio nel Ducato di Parma e Piacenza aveva trascorso parte
della sua adolescenza.
Oltre all’industria agricola e casearia,
Carditello rappresentava per Carlo il luogo in cui allevare gli esemplari della
razza equina reale, i pregiati cavalli
Persano, dall’omonimo sito reale presso cui erano selezionati. Sarà poi
Ferdinando a continuare le aspirazioni produttive del padre, a costruire
l’elegante edificio che ancora oggi possiamo ammirare e a trasformare
Carditello in un laboratorio sperimentale d’impronta illuminista votato
all’agricoltura e all’allevamento.
, Il real sito di Carditello è un complesso architettonico immerso in una vasta tenuta boschiva. La dimora offriva alla corte una piacevole permanenza per le battute di caccia. Per volere di Ferdinando IV (1751-1825) fu inoltre trasformata in una tenuta modello per la coltivazione e l’allevamento delle regie razze dei cavalli. I lavori videro la collaborazione dell'architetto Francesco Collecini, stretto collaboratore del Vanvitelli., La Reggia di Carditello, complesso architettonico di stile neoclassico immerso in una vasta tenuta boschiva per una superficie di 2.100 ettari, fu a lungo dedito alla caccia e all'allevamento e trasformato poi, per volere di Ferdinando IV, in una tenuta modello per la coltivazione di specialità agricole, grano e pregiatissime razze equine e bovine. La
dimora era chiamata "Reale Delizia" in quanto oltre alla funzione di azienda agricola offriva alla corte una permanenza piacevolissima tra battute di caccia e vita salubre. Il grande e antico splendore di questa Reggia, che era allo stesso tempo residenza reale, tenuta di caccia e
azienda altamente specializzata, è testimoniato non soltanto da quel che resta dell'architettura del palazzo e dei giardini ma anche dalle testimonianze della letteratura artistica (Goethe infatti diede un'attenta descrizione delle tenuta di Carditello). I lavori voluti da Ferdinando IV videro la collaborazione dell'architetto Francesco Collecini, collaboratore stretto del Vanvitelli, il quale
previde per l'edificio uno sviluppo a forma di doppia T comprendente il palazzo reale con il Belvedere e ambienti più bassi destinati alla produzione agricola. Dietro il Palazzo trovavano posto ampi spazi per le corse dei cavalli e una sorta di tempietto di forma circolare da cui il re assisteva agli spettacoli ippici.