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Inserire almeno un termine significativo nel campo di ricerca
Testimonianze di quella che doveva essere l’imponente architettura templare dell’antico centro di Fratte, ci vengono da alcuni esemplari di terrecotte architettoniche rinvenute durante le campagne di scavo che si sono succedute in oltre un secolo di ricerca.
Tra questi il pezzo di sicuro più noto, è il clipeo con la rappresentazione di Eracle che strozza il leone di Nemea. Il pezzo, oggi esposto presso il Museo Archeologico Provinciale di Salerno, è stato ricostruito in seguito al restauro di centinaia di piccoli frammenti rinvenuti durante lo scavo della strada basolata che conduceva all’acropoli dell’antico sito di Fratte.
Il clipeo era un kalypter hegemon, ovvero un coppo di colmo, elemento fondamentale nei sistemi di copertura della Campania antica, poiché provvedeva anzitutto alla protezione della trave lignea di colmo, in un sistema di copertura con tetto a doppio spiovente; inoltre, alcuni esemplari, come quello recuperato a Fratte, presentavano fini decorazioni che andavano ad arricchire e completare il sistema iconografico dell’edificio di pertinenza.
Dell’elemento architettonico si conserva soltanto il disco acroteriale decorato, il coppo di colmo è andato perduto. Si presenta delimitato da una cornice ed è realizzato a stampo e decorato a rilievo, il diametro max è di 80 cm. Il disco era applicato al coppo in maniera lievemente inclinata rispetto alla verticale del tetto, in modo che fosse ben visibile osservandolo dal basso. In alto si conserva in parte la base per l’imposta di una statua acroteriale di cui rimangono semplicemente le impronte ed i fori di fissaggio.
L’analisi stilistica ha permesso di datare questo esemplare al terzo quarto del IV sec. a.C. (350 – 325 a.C.), ovvero alla fase sannitica dell’antico insediamento. La scena raffigurata sul disco, è stata interpretata come la rappresentazione dell’episodio mitico della prima fatica di Eracle: la lotta tra l’eroe ed il leone di Nemea. La figura maschile, Eracle, è rappresentato nudo ed inginocchiato, stringe le braccia intorno al collo del leone, nell’atto di strozzarlo, che poggia le zampe sulle gambe dell’eroe, cercando di liberarsi dalla presa; alle spalle è posta una clava. La figura umana mostra una muscolatura realizzata con tratti incisi e profondi, che evidenziavano particolarmente il costato. Il leone ha occhi di forma globulare con la pupilla ben definita, infossati e caratterizzati da un’arcata sopraccigliare prominente; la criniera è realizzata a stecca, con ciocche simili a fiamme incise. Le fauci sono spalancate e i denti, triangolari e appuntiti, digrignati.
Tale schema è solitamente letto come derivante da un modello lisippeo, ben noto dai conii monetali di Eraclea, ma non mancano i riferimenti al mondo siceliota, in particolare il confronto è stringente con alcuni ori dell’inizio dei IV sec. a.C., coniati a Siracusa.
In merito alla prima fatica, la tradizione tramanda che Euristeo ordinò ad Eracle di uccidere il famigerato leone che viveva in una grotta presso la città di Nemea, in Argolide, la cui pelle era invulnerabile a qualsiasi arma. Dopo una terribile lotta, l’eroe riuscì ad annientare la belva strangolandola, ne sollevò la carcassa e la portò direttamente a Micene dove Euristeo, terrorizzato, gli intimò di lasciare d’ora in poi le prove dei suoi successi di fronte alle porte della città. Così infatti accadde da quel momento in poi e, ogni volta, il vile re, timoroso dei terribili mostri che Ercole avrebbe portato con sé, attendeva l’arrivo dell’eroe nascosto in un’urna di bronzo. Utilizzando gli stessi artigli del leone, Ercole riuscì a scuoiarlo e da allora utilizzò sempre la sua pelle come invincibile armatura.
Progetto: ARCCA - ARchitettura della Conoscenza CAmpana - ECOSISTEMA DIGITALE PER LA CULTURA