SCENE VIRTUALI - Percorsi Multimediali e Immersivi
heroimage mostre container
Scene Virtuali
Scene 3D
Abitazione arcaica
La casa presenta una pianta ovale. L''ingresso era sul lato lungo est, nettamente decentrato verso nord. Il vano, con stipiti in grandi pietre di tufo di forma grosso modo squadrata, doveva essere dotato di una porta lignea di cui resta appena l''impronta nel terreno. Le pareti di questa costruzione erano in gran parte addossate al pendio. I muri sono costruiti a secco; privi di intonaco avevano un solo filare di fondazione. Il piano di calpestio era un semplice battuto di terra, posto alla stessa quota del piano del cortile antistante la struttura. Accostati lungo le pareti erano disposti, a coppie simmetriche, ai lati dell''asse longitudinale, i fori per pali, che formavano la struttura di sostegno del tetto, mentre altri due erano agli estremi dello stesso asse. Dalla loro disposizione è possibile ipotizzare che la casa fosse coperta da un tetto a doppio spiovente di tegole e coppi. Lo spazio interno della casa era organizzato in due settori di diversa estensione, divisi da un tramezzo ligneo del quale resta a terra una traccia lineare incavata nel piano di calpestio. Il settore più ampio, sul quale s'incentrava l''ingresso, era quello settentrionale, riservato a funzioni di magazzino; quello più interno nell''abside oltre il tramezzo era destinato al focolare. All''interno della casa è stata rinvenuta tutta la suppellettile domestica.
Anfiteatro di Nola
Il monumento, noto dalla letteratura antiquaria del XVI secolo come "anfiteatro laterizio", è ubicato nella zona nord - occidentale della città, in località Masseria d’Angerio, alle spalle della murazione tardo repubblicana in opera quasi reticolata, di cui sfrutta parte del terrapieno interno. Completamente sepolto, anche se la sua ubicazione era riconoscibile (J. Beloch, Campanien, Breslau, 1890) per l'innalzamento delle quote del piano di campagna e per l'emergenza dell'imboccatura di un vomitorio e di alcuni tratti di murature, l'anfiteatro è stato oggetto di alcuni brevi campagne di scavo (1985, 1993, 1997) che hanno rimesso in luce circa 1/4 dell’intera struttura, portando alla luce tre dei corridoi di accesso al monumento e alcuni elementi delle murature del circuito esterno, recanti ancora il rivestimento di intonaco. L’edificio, di forma ellittica , con dimensioni sull’asse maggiore di m. 138 e su quello minore di m. 108 e con una capienza di circa 20.000 spettatori, presenta un’ossatura costituita dai muri di delimitazione dell’arena, del circuito esterno e dai corridoi di accesso a vari settori, su cui s’imposta il terrapieno sul quale poggiano le gradinate della cavea, con sedute in blocchi di tufo. Esso venne realizzato in un’area già occupata da precedenti edifici, poi espropriati ed abbattuti, di cui si sono trovate tracce durante lo scavo. Le strutture presentano varie fasi. Alla metà circa del I secolo a.C., poco dopo la deduzione della colonia sillana, sono databili le murature portanti con cubilia di grande modulo (cm. 10-11) e allineamento obliquo discontinuo. Sono attestate almeno due ristrutturazioni. La prima nel corso del I secolo d.C., quando una parte delle strutture fu restaurata in opera reticolata con cubilia di piccolo modulo (cm. 8-9) e allineamento obliquo continuo; in questa stessa fase il corridoio principale subì il rifacimento del pavimento e della volta e forse fu modificata anche l’altezza del parapetto dell’arena e della cavea. Ad una seconda ristrutturazione, avvenuta tra il II ed il III secolo d.C., è da attribuire il rifacimento di parte del muro perimetrale in opera vittata di tufo e della pavimentazione in lastre di calcare del corridoio posto sull’asse maggiore, e la costruzione di un edificio addossato al muro esterno dell’anfiteatro. Si tratta di un ambiente a pianta rettangolare con cinque partizioni interne, forse adibito a ricovero temporaneo degli animali per gli spettacoli, utilizzato nel corso del V secolo d.C. per lo scarico di rifiuti. Il parapetto dell’arena era rivestito con lastre rettangolari di marmo bianco verticali con la parte terminale coronata da blocchi di calcare con profilo a bauletto, di cui si conservavano, al momento dello scavo, pochi elementi superstiti ancora in situ, mentre la gran parte della decorazione è stata rinvenuta rimossa e gettata a terra . Su un lato alla fine del corridoio principale indagato, vi era un carceres, piccolo ambiente con apertura verso l’arena, rinvenuto pieno di fango, adibito a stivare le gabbie con gli animali per le venationes. L’edificio era già in uno stato di completo abbandono e in fase di spoliazione prima dell’eruzione vesuviana detta di Pollena (472 d.C.). Infatti, durante l’indagine del 1997 sono stati rinvenuti sei pilastrini di calcare con rilievi che rappresentano tre fregi di armi, una scena di amazzonomachia, due prigionieri ai piedi di un trofeo d’armi e una corona di alloro vista come una città turrita con una porta: alcuni di essi erano depositati nel corridoio principale, in attesa di essere trasportati altrove. Nel corso del VI secolo d.C. uno dei corridoi principali, chiuso con dei muri alle due estremità , venne adibito ad ambiente ed in esso fu realizzato, sullo spesso deposito dell’alluvione di Pollena, un impianto per la spremitura, come sembrano indicare le tracce rilevate nel deposito di fango piroclastico rappreso. Il crollo della volta, avvenuto in età tardo medioevale, determinò l’abbandono dell’ambiente. Tra i lavori di restauro eseguiti, di notevole rilievo è stata l’anastilosi di un tratto di muro del circuito esterno crollato . Il muro, alto circa m. 6, conserva nella parte alta una decorazione in primo stile con ortostati color ocra riquadrati da fasce di color turchese e, alla base, una decorazione con pannelli di stucco verticali.
c.d. Thesauros
Il c.d. Thesauros è uno degli edifici di culto presenti all'interno del santuario dedicato ad Hera posto alla foce del fiume Sele. Lunga è stata ed è tutt'ora la diatriba scientifica sulla ricostruzione della pianta dell'edificio, interpretato come piccolo tempio prostilo tetrastilo, oppure come distilo 'in antis', o ancora, come sacello 'sine tecto' disposto su tre lati contenente al suo interno una stele-donario dotata di un piccolo capitello in stile ionico. Anche la sua committenza è dibattuta, infatti se la storia degli studi arretra la cronologia al periodo magno greco, e più precisamente, al VI sec. a. C., quale dono (thesauros) della città di Siris, le più recenti interpretazioni stratigrafiche lo pongono in età lucana, nei primi decenni del III sec. a.C.
Cappella d'Avalos
La Cappella D'Avalos e' tra le piu' antiche erette nella chiesa di Monteoliveto
Centocamerelle
Il monumento consiste in una serie cisterne, composte da due parti sovrapposte, del tutto indipendenti. L''edificio superiore, posto a 3.00 m dall'attuale piano di campagna, è un ampio serbatoio diviso in quattro navate, coperte da volta a botte e sorrette da tre file di pilastri, con uno degli estradossi a terrazza, rivestito di pavimento in signinum. L'aula è scavata nel tufo fino a 2.00 m di profondità e foderata di muratura con paramento in opus reticulatum ed ammorsature a tufelli, recante un rivestimento idraulico di cocciopesto. Al centro di ogni volta vi sono pozzetti di ispezione quadrati; mentre, nell'angolo nord, si apre una nicchia recante traccia di rivestimento di intonaco. Al livello inferiore, più in basso di 6.00 m rispetto al precedente, è una rete di cunicoli per l''approvvigionamento idrico orientati est-sud-est/ovest-sud-ovest e disposti ortogonalmente. Alti circa 4.00 m., sono coperti a volta e collegati da stretti e bassi passaggi di comunicazione, ora con tetto di tegole a due spioventi, ora con tetto copertura piano. Gli ambienti sono scavati nel tufo e foderati di opus coementicium e rivestiti di cocciopesto. La presenza di questo tipo di intonaco idraulico ed il cordolo alla base delle pareti dimostra che anche questi cunicoli erano adibiti a cisterna. In essi si conservano ancora sulle pareti i nomi dei visitatori dei secoli scorsi scritti a carboncino.
Grotta della Dragonara
Cisterna, scavata nella parete del promontorio, caratterizzata da una pianta quadrangolare divisa in cinque navate da tre file di dodici grossi piloni, presenta un rivestimento in malta idraulica di tipo cementizio denominato cocciopesto. Originariamente era accessibile dall'alto attraverso grandi aperture nella volta a botte.
Heraion alla foce del Sele
L'Heraion alla foce del Sele è l'antico santuario dedicato alla dea Era. Oggi si trova a circa 1,5 km dall'attuale linea di costa, rispetto all'antica collocazione che era, appunto, alla foce del fiume, i cui depositi alluvionali ne hanno arretrato l'originaria sede. L'esistenza del santuario è testimoniata da fonti storiche che, per lungo tempo, sono rimaste prive di alcun riscontro nella realtà. Strabone ne attribuiva la fondazione a Giasone, durante la spedizione degli Argonauti. Il santuario marca storicamente il confine tra il territorio greco e quello etrusco, alla destra del fiume Sele. Un luogo di separazione, dunque, ma anche e soprattutto del suo contrario, di scambi economici e culturali tra le due genti. L’Heraion fu scoperto, negli anni ’30 del secolo scorso, dagli archeologi Paola Zancani Montuoro e Umberto Zanotti Bianco. Le strutture di culto coprono un arco cronologico che va dalla fondazione della colonia greca Poseidonia (600 a.C. circa) alla fondazione di quella latina (273 a.C.). Intorno al 570-560 a.C. si data una prima serie eccezionale di pannelli scolpiti (“metope”) con numerosi episodi tratti dal mito, tra cui la presa di Troia, le fatiche di Eracle, il mito di Oreste e le imprese di Giasone. Alla fine del VI secolo a.C. si data un altro ciclo di metope con coppie di danzatrici dai tratti sinuosi e raffinati, propri dello stile ionico, appartenenti ad un edificio denominato “Tempio Maggiore”.
Necropoli di Cappella
Necropoli di epoca romana situata nella parte antica di Cappella. I monumenti funerari della necropoli in località Cappella, fanno parte di un complesso di tombe ipogee disposte lungo la strada antica, che collegava il municipium di Misenum con la città di Cuma. Il tratto messo in luce comprende almeno sette edifici; il monumento più antico, situato sul margine orientale, ha una direzione diversa rispetto agli altri ed è datato ad epoca tardo repubblicana. Gli altri, ascrivibili invece al I secolo d.C., hanno pianta quadrangolare con volta a botte; al loro interno, la parete centrale, di fronte all’entrata, è decorata da un’edicola sormontata da un frontone, mentre le pareti laterali sono scandite da nicchie.
Teatro romano di Sessa Aurunca
L''edificio presenta una cavea con gradinate di calcare. Consistenti sono i resti del velarium e del grande edificio scenico in origine alto 24 m, con tre ordini sovrapposti di 84 colonne. Per la scena vennero usate molte qualità di marmi per realizzare le decorazioni architettoniche costituite da fregi, architravi e capitelli scolpiti. Le colonne furono realizzate con cinque diverse qualità di marmi colorati, provenienti dalle isole greche, dalla Numidia e dall''Egitto, mentre gli architravi e i capitelli vennero scolpiti in marmo bianco proveniente da Carrara e da Atene. Una straordinaria serie di reperti è costituita da iscrizioni dedicatorie e commemorative e da moltissimi frammenti delle sculture che decoravano il teatro, relative alla galleria celebrativa della casa imperiale, quali, ad esempio, gli imperatori Traiano e Adriano e le rispettive mogli Plotina e Sabina, le statue colossali di Livia e Agrippina Maggiore. Dal sacello in summa cavea provengono le sculture di Matidia Maggiore, Sabina, Plotina e di Matidia Minore.
Tomba del Tuffatore
La celebre Tomba del Tuffatore fu rinvenuta nel 1968 in località Tempa del Prete, circa 1,5 km a sud di Paestum. Ad oggi, le immagini della lastra di copertura, con il tuffo di un giovane in uno specchio d’acqua, e dei pannelli laterali, con scene di un simposio, rappresentano un unicum della pittura funeraria in Magna Grecia all’inizio del V sec. a.C. Dibattuto è ancora il significato delle scene rappresentate sulle lastre che potrebbero rimandare a tradizioni religiose, filosofiche, artistiche e rituali che si sviluppano in un più ampio orizzonte mediterraneo e prendono forma nel sud Italia con la nascita di religioni salvifiche alternative al pantheon ufficiale. Le nuove ricerche, inoltre, dimostrano come l’uso della pittura in ambito funerario tra età tardo-arcaica e classica non sia così inusuale e attesterebbero la presenza di una competenza tecnico-pittorica locale consolidata.
Tomba dipinta
La tomba 1, rinvenuta in località Vannullo-Paestum, è una sepoltura femminile, a cassa con copertura a doppio spiovente. La tomba ha restituito un corredo composto di un coperchio di lebete a figure rosse, una lekane con coperchio a figure rosse e un coperchio di lebete a figure rosse dell'officina di Assteas, un guttus a vernice nera con decorazione sovraddipinta (Morel 8180), 2 patere a vernice nera (Morel 2200), una coppetta a vernice nera (Morel 2430), un frammento di ferro e uno di ambra.
Tomba dipinta
La tomba 86 rientra nell'area di scavo Andriuolo 1969. La sepoltura, maschile, è a semicamera, con copertura a doppio spiovente. La tomba ha restituito un corredo composto da un'amphora a figure rosse, un'oinochoe a figure rosse, una lekythos a figure rosse, una kylix a figure rosse e un piatto con pesci, del Pittore di Napoli 2585, una patera a vernice nera (Morel 2200), una brocca a vernice dorata (Morel 5330), 2 phialai a vernice rossa, un kantharos a vernice dorata (Morel 3710), una coppetta a vernice dorata (Morel 2420), 2 coppette a vernice dorata, una coppetta a vernice dorata (Morel 2783), un guttus a vernice dorata (Morel 8170), un'ansa di kylix di bronzo, un coltello di ferro e una moneta di bronzo illeggibile.
Torre di Minerva
Fu fatta erigere nel 1335 dall re Roberto D’Angiò. Fu rimessa a nuovo nel XVI sec., dopo l’invasione di Massa e Sorrento da parte dei Turchi. È oggi mozza, ma ancora ben visibile. Caratteristica della torre era una campana, fondamentale per avvisare gli abitanti del luogo in caso di pericolo. Fu così che, nel corso degli anni, il nome di Punta Campanella ebbe la meglio sul più antico e latineggiante Promontorio di Minerva.
Villa marittima
La villa, occupante l'intera punta di Capo di Sorrento, si compone di due nuclei posti a quote diverse e collegati da rampe e gallerie, mentre i dislivelli del territorio erano colmati da terrazze artificiali. Della struttura superiore si conservano solo alcuni tratti di muri di terrazzamento in opera reticolata. Delle strutture sottostanti s'identifica un peristilio con portico, pavimentato in cocciopesto, intorno a cui si disponevano numerosi ambienti. L'area orientale aveva pavimenti a mosaico. Altri vani sono identificabili a quote diverse.
Villa marittima di Minori
Villa articolata attorno ad un ampio viridario con piscina centrale e portici su tre lati. L'edificio si articola in due settori simmetrici posti ai lati di un ambiente centrale (14). Il lato occidentale (vani 2-12) è occupato da ambienti di rappresentanza e da una scalinata che collegava il piano inferiore della villa al settore superiore, attualmente non conservato. Il lato orientale, caratterizzato anch'esso dalla presenza di ambienti di rappresentanza (vani 30, 31, 17), è occupato dal settore termale nel quale si riconoscono il tepidario (19) e il calidario (20), alimentati dal prefurnio (22), e l'apoditerio (18). Il vano 19 è di pianta rettangolare allungata con abside su uno dei lati. In una prima fase, ascrivibile all'impianto della villa (età giulio-claudia), l'ambiente 19 era unito all'ambiente 21. In una fase successiva da ascrivere all'età severiana o ad un periodo intermedio fra l'età giulio-claudia e l'età severiana si data la costruzione dell'abside del vano 19 e la sua trasformazione in ambiente termale. Ad età severiana è da attribuire la pavimentazione musiva, sostenuta da suspensurae. Il vano centrale (14) che suddivide la villa in due settori è un triclinio-ninfeo con vasca sul lato settentrionale, banconi in muratura e pavimenti con decorazione musiva. L'ambiente è di pianta rettangolare allungata con orientamento nord/sud e fronte d'ingresso aperta sul viridario. L'impianto dell'ambiente è risalente all'età giulio-claudia: il vano di pianta rettangolare, privo inizialmente dei letti triclinari in muratura, presenta, lungo il lato settentrionale, una fontana a gradini con vasca rettangolare, sormontata da un frontone. Le pareti sono decorate con affreschi di III stile con scene di caccia e di thiaso marino. In un momento successivo, cronologicamente non precisato, il vano viene trasformato in oecus corinzio mediante l'aggiunta di di un podio lungo le pareti est, ovest e nord e il rifacimento della volta in stucco. Durante l'età severiana iniziale, l'ambiente subisce diverse modifiche: vengono aggiunti letti triclinari in muratura e la decorazione musiva del pavimento. In asse con l'ambiente 14 è il passaggio al viridario sormontato da un arco in laterizi. La facciata della villa verso il mare si articola su due ordini colonnati e rettilinei. L'ordine inferiore è scandito da semicolonne doriche che inquadrano arcate cieche con finestre rettangolari; alle estremità vi sono due porte e, al centro, un arco d'ingresso inquadrato da due colonne. La fronte è preceduta, ad ovest, da una struttura articolata a nicchie. All'esterno del viridario, a sud, si trova un avancorpo pertinente ad una delle dua alae fiancheggianti l'ingresso. La villa è realizzata in opera incerta di calcare con stipiti ed architravi in blocchetti isodomi in travertino pestano. Le volte sono realizzate in opera cementizia, mentre l'opera laterizia è utilizzata nel muro perimetrale interno del triportico.
Villa romana di Positano
La Villa romana portata alla luce durante i lavori alla Piazza Flavio Gioia ed alle cripte della Chiesa di S. Maria Assunta è stata probabilmente costruita per qualche personaggio della classe senatoriale romana. È visibile un setto murario in opus reticolatum, decorato da una cornice in stucco e da splendidi affreschi policromi che ritraggono un ippocampo, un’aquila, un pegaso e due amorini. Le raffigurazioni sono inquadrate da raffinati sfondi architettonici, fra cui spiccano l’architrave classico da cui si eleva il cavalluccio marino ed il soffitto cassettonato: un insieme animato dalla gamma cromatica incentrata sul rosso pompeiano, sull’azzurro ed il giallo ocra.
Virtual Tour
Non ci sono elementi da visualizzare
Mappe Concettuali
Non ci sono elementi da visualizzare