Renato Carosone - Renato Carosone - Sona
Renato Carosone
(Napoli, 3 gennaio 1920 – Roma, 20 maggio 2001)
Nel centenario della sua nascita, solo il Covid-19 ha impedito, anzi ritardato, le sacrosante celebrazioni per l’uomo che a fine anni Cinquanta rinnovò la canzone napoletana, e con essa quella italiana, portandola fuori dalle tristanzuole secche del dopoguerra, rinnovandola nei toni, finalmente ironici, a tratti - «E la barca tornò sola» - persino dissacranti, come nei suoni.
Napoli città aperta si lasciava conquistare dai ritmi americani e dai profumi di notte d’Oriente e dal sound latino, colonizzando poi i colonizzatori grazie alla vis suprema di Carosone e del suo pianoforte capace di fare l'americano ma anche di suonare come una fantasia di mandolini.
Courtesy Federico Vacalebre
Ma anche alla commedia dell’arte di Nisa, alla malinconia onomatopeica di Enzo Bonagura, al percussionista-fantasista Gegè Di Giacomo, alla chitarra estrosa del dongiovanni Peter Van Wood, ad arrangiamenti che sono come scolpiti nella pietra: «I dischi del trio, del quartetto, del sestetto, suonano come quelli dei Beatles: li ami, li consumi, ti viene voglia di farli tuoi, di suonarli, ma poi ti chiedi: che lo faccio a fare? Che cosa posso aggiungerci? La paura di rovinare “Tu vuo’ fa l’americano”, “Torero”, “’O sarracino”, “Caravan petrol”, proprio come mi è successo con i classici dei Beatles, mi ha fatto tentennare a lungo. Poi, da neocittadino napoletano, oltre che da devoto carosoniano, ho osato farlo», ha raccontato Stefano Bollani che quelle celebrazioni ha fatto in tempo a inaugurarle, nella notte partenopea del Capodanno 2019/2020, superando persino la sfida di «Pianofortissimo», spiegando in note, alla piazza festante, perché non possiamo non dirci tutti carosoniani.