Peppino Di Febbraio - Sona
Etno-folk
Il ricco panorama delle musiche tradizionali in Campania, dalle storiche registrazioni sul campo fino alle più significative esperienze dei giorni nostri
Dai riti penitenziali della Settimana Santa in Campania alla tammurriata nei suoi vari stili areali. Un variegato repertorio sonoro capace di restituire i suoni e le tradizioni musicali più autentiche della nostra terra, attraverso diversi supporti sonori che coprono l’arco di un intero secolo
Peppino Di Febbraio
Peppino Di Febbraio, detto ‘e Pignata o Pignatiello, di anni 75, è uno dei più bravi suonatori di sisco nell’ambito della tammurriata di area giuglianese-domiziana. Per anni legato alle attività della paranza guidata da Franco D’Alterio, era già presente nelle registrazioni storiche degli anni ’70 di Roberto De Simone sia nel disco allegato al volume Chi è devoto (ESI, 1974), sia nei famosi 7 microsolchi de La tradizione in Campania (EMI, 1978). Il sisco o siscariello è una sorta di flauto diritto costruito con canne di lago, generalmente raccolte intorno al Lago Patria nell’area domiziana, sulla quale viene innestato il becco di un flauto dolce.
Courtesy Raffaele Di Mauro
Una caratteristica determinante per il suono del sisco è sicuramente il tipo di zeppa usata. Quella usata da zì Peppino è di color verde e da lui chiamata “americana”, poiché molto diffusa nel dopoguerra e, a suo dire, proveniente dall’America, oggi pare sia introvabile. Sono in pochissimi ad adoperarla, oltre a lui la usa l’anziano Aniello Taglialatela (75 anni, imbianchino), fratello di Francesco Taglialatela, morto giovanissimo nel 1953 investito da un tram, dal quale zì Peppino ha rivelato di aver imparato a suonare il sisco. L’altra zeppa usata è, invece, quella industriale beige modello Yamaha, adoperata dalla gran parte dei suonatori odierni di sisco.
Gli stili principali a cui si rifanno i ragazzi che oggi vogliono apprendere “per imitazione” a suonare il sisco sono essenzialmente due: il modo di suonare di zì’ Peppino più lento e posato, oppure quello più serrato e virtuosistico di Peppe D’Amore, suonatore della generazione successiva, che ha portato alcuni cambiamenti anche dal punto di vista esecutivo e coreutico. Accade, infatti, non di rado che i giovani suonatori di sisco, spesso “allievi” di D’Amore, siano richiamati dai capi-paranza e invitati a suonare nello stile di zì Peppino, ovvero suonando “meno note”, più lentamente e facendo vutate più corte per non sfiancare i danzatori e i suonatori.