Jazz

L’identikit della musica jazz, blues e rock campana: dallo sbarco degli alleati che portano con sé dischi e orchestre alle contaminazioni con la tradizione napoletana

Dal colpo di fulmine propiziato dallo sbarco degli Alleati americani a Salerno nel 1943, alla febbre del jazz diffusa da radio, orchestre e V-disc. Dalle esperienze degli artisti avvezzi al varietà e alla canzone napoletana, passando per la rivoluzione carosoniana e per le rassegne dedicate alla musica afroamericana, si forma una generazione di musicisti dallo stile inconfondibile

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Mario Schiano

Il sassofonista napoletano Mario Schiano è stato uno dei primi musicisti in Italia ad avvicinarsi ai modelli musicali provenienti d’oltreoceano, che rielaborò criticamente per una vocazione musicale e per il suo carattere, incapace di assuefarsi a modelli musicali convenzionali. Un’avversione verso il mainstream che Schiano sviluppò in un periodo, gli anni Sessanta, in cui negli Stati Uniti il jazz divenne colonna sonora di una rivoluzione: la rivolta nera, la nascita della cultura underground, le rivolte studentesche. La nuova musica, il free jazz, si fece anch’essa strumento di protesta attraverso i suoi maggiori esponenti: da John Coltrane a Cecil Taylor.

Courtesy Diego Librando

Schiano fu uno dei primi in Italia a capire quello che stava succedendo e a “sperimentare” su un palco le più moderne idee di instant composition. Nel 1960, nell’ambito nel I Festival Italiano del Jazz di Saint Vincent, a capo del New Southern Jazz Combo, si lasciò andare ad un assolo totalmente astratto e libero da schemi armonici. Fu quello a tutti gli effetti il primo esempio di free jazz italiano, suggellato dalla significativa stroncatura della rivista “Musica Jazz”, che scrisse: il sassofonista “piombava la sala nell’angoscia, […] lanciandosi (per modo di dire) in lunghe tirate, disancorate da riferimenti melodici e probabilmente anche armonici”.

Trasferitosi a Roma, venne a contatto con gli ambienti avanguardistici del Folkstudio, trovando conferme alle sue intuizioni. Prima con il Gruppo Romano Free Jazz, poi con formazioni sempre diverse ed eterogenee, si pose a capo di un movimento capace di scardinare tutte le regole del jazz tradizionale attraverso la libera improvvisazione collettiva. Visionario e anticonformista, alla fine degli anni Settanta registrò con Han Bennink, Misha Mengelberg e Paul Rutherford “A European Proposal”, considerato il manifesto del nuovo jazz europeo. Attraverso la sua instancabile attività di “animatore” ha avuto un ruolo centrale nell’evoluzione del Jazz in Italia.

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