Enzo Gragnaniello - Enzo Gragnaniello - Sona
Enzo Gragnaniello
(Napoli, 20 ottobre 1954)
C’era uno scugnizzo come tanti, che amava Sergio Bruni e i Rolling Stones. Un ragazzo di strada, cresciuto nel ventre della Napoli del dopoguerra, signurine e americani, whisky, soda e rock and roll. L’armonia perduta per lui significava l’arte d’arrangiarsi e la paura del carcere minorile. Il comunismo era religione salvifica: ha da veni’ Baffone, ha da veni’ il nostro momento. Le tammorre sembravano fucili, la rivoluzione pareva a portata di mano. E invece... l’esperienza dei Banchi Nuovi gli valse un’assunzione da giardiniere comunale nella Napoli del pentapartito, pronta ad essere cancellata da Tangentopoli. Altro che sol dell'avvenire, ma... per fortuna che c’era la chitarra, che «Cu’mme» riportava la canzone napoletana in hit parade, con la sublime complicità di Roberto Murolo e Mia Martini.
Courtesy Federico Vacalebre
Dopo Pino Daniele e con Enzo Avitabile, Enzo Gragnaniello è il più importante autore della nuova canzone napoletana, caro a Tom Waits, cantato da Andrea Bocelli, Dulce Pontes, Ornella Vanoni, Arisa. Cantautore di pancia, eppure capace di metafisici mantra newpolitani, bluesman dei vicoli, ma anche posteggiatore abusivo per rileggere i classici di Bovio e Di Giacomo, narratore delle riserve («Giacomino», «Rosè»), difensore civico dell’infanzia depredata («’E criature»), complice di James Senese in un viaggio tra «Tribù e passione»...
«Senza voce» e «Vasame», con «Cu’mme», appartengono di diritto all'antologia delle grandi canzoni partenopee del Novecento, Enzo ha faccia da «malamente» e cuore da bambino, è voce di tufo, di mare, di sale, di dentro. Ha iniziato dalla strada, con i disoccupati organizzati, intonando brani come «’O scippatore». Ma poi ha costruito lui la sua strada, arrivando sino al San Carlo, a Sanremo, a quattro Targhe Tenco, al cuore di un pubblico ancora capace di riconoscere i veri artisti.