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Franco Ricciardi

(Napoli, 6 ottobre 1966)
Titolo e canzone ribadiscono: «So semp chille», scritto con il napoletano poco letterario che unisce i neomelodici ai trapper. Francesco Liccardo, in arte Franco Ricciardi, da Secondigliano («167», scandisce un suo inno pre-gomorrista) si mostra per quello che è nel bel docufilm di Paolo Montesarchio.
Franco nasce «dentro il vulcano» della nuova canzone popolare napoletana che chiamammo neomelodica per avvertire affinità e divergenze da quella classica e più di tutti i suoi compagni di cordata del tempo - persino il futuro campione di vendite Gigi D’Alessio - è così intrinsecamente «pop» da spostare da solo il genere dalla periferia della canzone italiana al suo centro, che non ha ancora però espugnato come meriterebbe, nonostante i due David di Donatello vinti grazie ai Manetti bros.

Courtesy Federico Vacalebre

Settimo degli 8 figli di un venditore di palloncini a Edenlandia è passato dai matrimoni ai duetti con la crema del rap nazionale (Clementino, Rocco Hunt, Luche’, ma anche Jake LaFuria e Gue Pequeno) passando per l’incontro con Peppe Lanzetta o i 99 Posse di «Cuore nero», canzone antirazzista e antileghista. La sua non è una favola, ma qualcuno potrebbe raccontarla così, e senza abiure, senza tradimenti di classe.

Il 17 maggio 1987 Napoli impazziva per il primo scudetto, e lui pure, ma aveva anche 11 feste di piazze da onorare, era l'anno di «Ed ora piove», Maradona andava celebrato con il brano giusto, il suo, almeno nei quartieri più popolari. Il ragazzino che aveva iniziato intonando «Papà ‘e Natale» di Patrizio è diventato, con brani come le ormai antiche «Treno» e «Prumesse mancate» e le più recenti «’A storia ‘e Maria» e «’A verità», una delle presenze più importanti, e moderne, anche se con radici nella tradizione, della canzone newpolitana. Anche Liberato dovrebbe ringraziarlo: per la svolta urban, per il linguaggio, forse anche per l’attenzione al look.

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