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LA CASA ARMONICA
Muoviti tra una stanza e l’altra alla scoperta del patrimonio musicale campano

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Accedi ai vari ambienti della casa armonica: fatti avvolgere dalle melodie, dalle storie e dal groove.

Canzone napoletana

Ospita la produzione vocale dell’age d’or da fine Ottocento a metà Novecento, gli antefatti legati alle diverse forme del canto napoletano, nonché la produzione successiva che adotta modelli tradizionali.

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Etno-folk

Ospita le culture musicali di tradizione orale dell'area campana e il folk d’autore. 

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Produzione jazzistica nata, ispirata e diffusa nell’area campana.

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Pop, rock e oltre

Ospita i diversi filoni della popular music dell’area mediterraneo- napoletana, i sincretismi e le nuove tendenze.

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Soundscape

Paesaggi sonori identitari del territorio.

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Fondi d'archivio

Esplora le risorse e le iniziative che narrano il passato e il presente della tradizione musicale campana. Visita il Fondo Bideri e il patrimonio conservato presso altri archivi.

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Fogli Volanti e Copielle, ovvero la diffusione musicale tra mercati e vicoli

I “fogli volanti” sono rinvenibili in Europa dall’introduzione della stampa, a fine 800 arrivano le “copielle”

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Carosone, l'Americano di Napoli

«Orgoglioso delle mie radici, creavo quelli che oggi, con maggiore coscienza e quindi minore naturalezza, si chiamano crossover sonori»

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Il Festival della Canzone Napoletana dal 1952 al 1971 e 1981

Il Festival della Canzone Napoletana, simbolo della melodia partenopea nella seconda metà del Novecento.

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Trivial Sound

Kistch, trash, bagoni e tamarri sono il vero nutrimento del “trivial sound”.

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null Alan Sorrenti

Alan Sorrenti

(Napoli, 9 dicembre 1950)
Nel 1977 «Figli delle stelle» fu uno shock: Alan Sorrenti, il freakkettone partenopeo-gallese che aveva incantato la generazione che sognava la rivoluzione con i suoi primi due lp di sperimentazioni vocali alla Tim Buckley/Shawn Phillips sembrava aver «venduto» l’anima al diavolo, rappresentato in quel fatidico anno dalla disco music.
 «Quella canzone fu croce e delizia della mia carriera, anche se quello che successe era nell'aria», ricorda ora il cantante, pacificato da anni di buddhismo: «Arrivava dopo un disco di transizione, come “Sienteme, it’s time to land”, dopo i fischi presi al Festival della gioventù studentesca di Licola del ‘75 dove venni sommerso dalle lattine. Per qualcuno ero troppo sperimentale, per altri troppo politico, io mi sentivo un esploratore, volevo andare oltre il progressive di “Aria” e “Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto”».

Courtesy Federico Vacalebre

Intanto c’era stato il successo di «Dicitencelle vuje», rimodernata in falsetto: «Ai corifei di Lenin, Marx e Mao anche riportare la canzone napoletana in classifica era sembrato un tradimento della causa. Mi piaceva lavorare sulle mie radici, sulla mia cultura. Ma anche guardare al mondo: ero stato in Nepal, ero tornato dall’Africa con registrazioni preziose e la voglia di aggiungere ritmo alle mie armonie vocali, ero pronto per l’America, terra promessa di noi rockettari della periferia del villaggio globale». O «pronipoti di sua maestà il danaro», per dirla con Battiato? 

Da cantaNapoli hippy al Los Angeles sound, con un riff di chitarra molto stile Chic e Earth, Wind & Fire: oltre un milione di copie vendute, primo posto in classifica scalzando l’Anna Oxa di «Un’emozione da poco» prima di essere a sua volta sorpassato dai Bee Gees di «Stayin’ alive». «Anche i fratelli Gibb erano accusati dall’intellighentia militante. Ma loro sono rimasti, come il mio singolo prodotto da Phil Ramone: chi si ricorda più dei nostri detrattori?».

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'E spingule frangese

Curiose protagoniste del brano iconico della canzone napoletana sono le spille dette "francesi". Secondo alcuni, furono proprio i francesi a introdurle a Napoli nel ‘700, mentre, secondo un'altra interpretazione, il titolo prenderebbe spunto dal fatto che la spilla da balia a Napoli si chiama spingula 'e nutriccia, francesismo di "nourrice" (ovvero balia, nutrice). In copertina: Autografo musicale della canzone ’E spingule frangese, musicata da Enrico De Leva (Fondazione Bideri)

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