Partner di Progetto

Partner di progetto


Archivio di Stato Caserta


L'Archivio di Stato di Caserta è un organo periferico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, fondato in epoca preunitaria con la Legge del 12 novembre 1818. L’Archivio ebbe la sua prima sede a Capua nel prestigioso Palazzo Antignano, dei Duchi di San Cipriano; solo nel 1850 venne trasferito a Caserta.  I documenti conservati nell’Archivio di Stato di Caserta abbracciano un arco di tempo che va dalla seconda metà del Quattrocento fino agli anni ottanta del XX secolo. I più importanti sono quelli appartenenti al prezioso fondo notarile, che comprende circa 37.000 volumi. All’Archivio di Stato di Caserta è annessa una Biblioteca, a disposizione degli studiosi. L’Istituto è impegnato a svolgere un’assidua attività di valorizzazione del patrimonio archivistico, divulgandone la conoscenza mediante iniziative culturali dedicate. L’Istituto esercita la sorveglianza sugli archivi degli uffici periferici statali che hanno sede nella provincia di Caserta. Recentemente l'Archivio è stato trasferito nei locali della Reggia di Caserta.

L’Archivio di Stato di Caserta conserva, a partire dagli inizi dell’Ottocento nel precedente archivio provinciale, la documentazione prodotta nella provincia di Terra di Lavoro a partire dalla legge 132 del 1806, varata da Giuseppe Bonaparte l’8 agosto dello stesso anno, “Sulla divisione ed amministrazione delle Province del Regno”.  Sopprimendo il sistema feudale, diede nuova forma alle istituzioni locali a partire dal modello francese. La cospicua documentazione prodotta dall'Intendenza di Terra di Lavoro è priva di un vero e proprio ordinamento. A differenza degli uffici omologhi della maggior parte delle altre province del Regno delle Due Sicilie, questo fondo non è strutturato secondo la suddivisione in settori prevista dai regolamenti, ma secondo un'organizzazione per materie che probabilmente è stata data alle carte durante l'ultimo quarto dell'Ottocento. La serie fornisce preziose notizie, soprattutto a livello statistico, circa le colture e i raccolti, i prezzi dei generi alimentari, le industrie e manifatture, le fiere e i mercati. Sono inoltre presenti le statistiche demografiche, in quanto presumibilmente servivano per la stesura della programmazione economica. La serie è stata interamente fotografata.

L’Intendenza di Terra di Lavoro è l’ufficio provinciale che gestiva la vastissima regione della Terra di Lavoro che andava dalla Campania al basso Lazio, dal Contado di Molise all’estremità nord della Puglia. Durante i secoli la Terra di Lavoro subì importanti modificazioni. Da un punto di vista amministrativo, invece, l’ufficio dell’Intendenza fu riformato a seguito del decennio francese. La serie Affari Comunali raccoglie carteggi, atti di sub-asta per l'affitto dei cespiti comunali (forno, botteghe lorde, molitura, vendita della neve), ruoli della tassa sul vino, lavori alle strade interne e alle chiese, pagamenti alle truppe e questioni relative alle più disparate questioni. La documentazione, raccolta originariamente in 1741 fasci, è stata organizzata cronologicamente per comuni. I comuni di Santa Maria Capua Vetere e San Leucio, datati dal 1806 al 1865, sono stati sottoposti ad operazioni di digitalizzazione documentale che prevede oltre 65000 scatti e contemporaneamente ne è stata fatta l’acquisizione e verifica delle descrizioni archivistiche.


Archivio di Stato di Avellino


L'Archivio di Stato di Avellino trae origine dall'Archivio provinciale istituito nel 1820 in esecuzione della legge del 12 novembre 1818, n. 1379. L’Archivio aveva allora competenza su un territorio che comprendeva alcuni comuni attualmente ricadenti nelle province di Foggia e di Benevento, ad eccezione di un ristretto territorio intorno alla enclave pontificia. A seguito del r.d. 22 settembre 1932, n. 1391, divenne Archivio provinciale di Stato come tutti gli archivi provinciali del Mezzogiorno. Con la legge del 22 dicembre 1939, n. 2006, assunse la denominazione di Sezione di Archivio di Stato e con il D.P.R. del 30 settembre 1963, n. 1409, quella di Archivio di Stato. Dal 2007 ha sede presso il complesso monumentale dell'ex Carcere borbonico in via Verdi 17. L'Istituto ereditò il corpus della documentazione delle passate magistrature della Provincia di Principato Ultra, prima tra tutte la Regia Udienza Provinciale che aveva sede in Montefusco, il più importante nucleo attorno al quale si aggregarono i versamenti successivi. Conserva inoltre gli archivi prodotti dalle istituzioni amministrative e giudiziarie degli Stati preunitari e dello Stato italiano, archivi di enti religiosi soppressi, archivi notarili della Provincia di Avellino, archivi privati di persone, famiglie e imprese storicamente rilevanti sul territorio, per un totale di circa 11.000 metri lineari situati in moderni locali di deposito, in due piani interrati ricavati sotto il padiglione femminile dell’ex carcere borbonico. Il documento più antico, una pergamena del 1324, è la concessione dell’officium baliatus alla vedova di Ruggero I Sanseverino, signore di Bisaccia; i fondi più recenti contengono atti giudiziari, di Prefettura e di Stato civile comunale, ancora in fase di riordinamento ed inventariazione. 


Archivio di Stato di Benevento


L’Archivio di Stato di Benevento è un organo periferico del MIC ed è stato istituito con decreto del Ministero dell’Interno del 10 aprile 1954, in attuazione della legge del 1939 sul nuovo ordinamento degli Archivi di Stato. Compito fondamentale dell'Archivio di Stato è la conservazione della documentazione statale del territorio: gli archivi degli stati preunitari, degli uffici periferici dello Stato relativamente agli affari esauriti da oltre trent’anni; gli atti dei notai la cui attività è cessata da più di cento anni; quelli dei monasteri soppressi e tutti gli altri archivi e singoli documenti (anche privati) che siano stati donati o depositati nell’Archivio di Stato. Altro compito basilare è la sorveglianza sugli archivi degli organi periferici dello Stato, che si attua attraverso apposite commissioni, istituite presso ogni ufficio statale della provincia. L’attività delle commissioni di sorveglianza è finalizzata a garantire la corretta tenuta degli archivi correnti e di deposito, la conservazione della documentazione che ha un interesse storico-archivistico, l’elaborazione delle proposte di scarto e i versamenti all’Archivio di Stato. Pubblica cataloghi di mostre, ricerche, studi. 


Archivio di Stato di Napoli


L’Archivio di Stato di Napoli è un ufficio periferico del Ministero della Cultura. Provvede alla conservazione, alla tutela e alla promozione del patrimonio documentario e ne favorisce la fruizione da parte degli studiosi e dei cittadini. Fondato nel 1808, l’Archivio di Stato di Napoli dal 1845 ha sede nel complesso monumentale dei SS. Severino e Sossio, uno dei più importanti e antichi centri della spiritualità benedettina del Mezzogiorno, con una sede distaccata presso Palazzo Loffredo a Pizzofalcone. Con i suoi quattro piani e i suoi depositi di oltre settanta chilometri lineari di documenti, l’Archivio napoletano rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per la ricerca nel settore della storia medievale, moderna e contemporanea d’Italia e d’Europa; nonché in maniera precipua, della storia del Meridione d’Italia. Si conservano quindi, tutti gli atti governativi, gli atti delle magistrature centrali del regno, gli archivi privati delle più importanti famiglie nobili del regno (ad es. Carafa di Roccella, Tocco di Montemiletto, Monforte di Fragnito, Serra di Gerace, Pignatelli di Aragona Cortes, Loffredo, Ruffo di Bagnara, ecc.). Di particolare importanza l'imponente archivio privato della Casa dei Borbone, l'archivio dei Farnese, l'enorme archivio generale di Casa reale, gli archivi delle Legazioni diplomatiche del regno di Napoli all'Estero, gli archivi della Questura e della Prefettura, gli archivi dei tribunali civili e penali, nonché l'archivio della Cassazione di Napoli, gli archivi notarili della Provincia di Napoli dei secoli XV-XIX. Per l'antichità (la carta lapidaria del secolo VIII d.C,), l'ampiezza e la qualità della documentazione, l'Archivio di Stato di Napoli è uno dei nove grandi archivi italiani ed uno tra i principali archivi di importanza internazionale. La struttura  contiene interessanti cicli pittorici di Belisario Corenzio e di Antonio Solaro detto lo Zingaro del XVI secolo.

Per l'Archivio di Stato di Napoli sono state selezionate per la descrizione e la digitalizzazione, la serie Inventari del fondo Archivio Maggiordomia Maggiore e Soprintendenza di Casa Reale, III Inventario e la serie Inventari del fondo Archivio Farnesiano. La scelta è stata motivata dall'esigenza di creare una connessione tra gli archivi e gli altri beni culturali presenti nella Regione Campania. Con lo scopo di salvaguardare, inoltre, i documenti più antichi e importanti custoditi dall'Archivio di Stato di Napoli e renderli fruibili in rete, è stato effettuato un lavoro di riversaggio in digitale delle bobine relative alle serie del fondo Consiglio Collaterale e a dei volumi di grosso formato del fondo Corporazioni Religiose Soppresse. Contestualmente saranno trasferiti nella piattaforma Ecosistema Cultura della Regione Campania, buona parte della documentazione già digitalizzata in particolare la documentazione iconografica e cartografica.
Grazie all'istallazione multimediale realizzata con la collaborazione, come voce narrante, dell'attore Alessandro Preziosi è stato possibile agevolare la lettura del documento più antico dell'Istituto, restituendolo al grande pubblico: si tratta della carta lapidaria, risalente all'VIII secolo e rappresentante la “charta venditionis” del casale Memorola a Cuma; la scrittura utilizzata è un latino corrotto e volgarizzato. 


Archivio di Stato di Salerno


L'Archivio di Stato di Salerno è un organo periferico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, fondato in epoca preunitaria con la Legge del 12 novembre 1818.  Suo compito precipuo è la conservazione della documentazione statale del territorio: gli archivi degli stati preunitari, degli uffici periferici dello Stato relativamente agli affari esauriti da oltre trent’anni; gli atti dei notai la cui attività è cessata da più di cento anni; quelli dei monasteri soppressi e tutti gli altri archivi e singoli documenti (anche privati) che siano stati donati o depositati nell’Archivio di Stato. Altro compito basilare è la sorveglianza sugli archivi degli organi periferici dello Stato, che si attua attraverso apposite commissioni, istituite presso ogni ufficio statale della provincia. L’attività delle commissioni di sorveglianza è finalizzata a garantire la corretta tenuta degli archivi correnti e di deposito, la conservazione della documentazione che ha un interesse storico-archivistico, l’elaborazione delle proposte di scarto e i versamenti all’Archivio di Stato. Promuove l'attività di formazione al lavoro archivistico e bibliotecario attraverso tirocini concordati con l'Università.  Pubblica cataloghi di mostre, ricerche, studi. L’edificio che attualmente ospita l’Archivio è stato per secoli un palazzo giudiziario. Grazie ad alcuni lavori di restauro, conclusi nel 2009, è stata aperta al pubblico la cappella di San Ludovico, così denominata per un affresco raffigurante il Santo e datato al XIV secolo. Il patrimonio archivistico consiste in più di centomila unità archivistiche tra fasci, fascicoli e unità rilegate su supporto cartaceo e più di mille pergamene, oltre ad una biblioteca di circa ventinovemila volumi. 

La documentazione digitalizzata presso l’Archivio di Stato di Salerno è riferita a tre fondi: Scuola medica Salernitana, (42 volumi e 7 buste), 500 pergamene, e il Liber Iurium Civitatis Salerni.    

Inoltre, del Fondo Intendenza di Principato Citra sono stati digitalizzati i fondi Statistiche, Fiere e mercati, Arti e manifatture, Società economica, Scavi di antichità Regolamento polizia urbana e Annona. 


Biblioteca del Monumento Nazionale di Montevergine


La Biblioteca di Montevergine è una delle undici biblioteche pubbliche statali annesse ai Monumenti nazionali e dipende dal Ministero della Cultura. Rappresenta senz'altro un punto di riferimento per quanti intendano approfondire argomenti di interesse religioso. Istituita dai monaci di Montevergine per la loro attività di studio e ricerca ancora oggi essa resta fedele alla natura e agli scopi originari a disposizione di speciali del settore e di ogni tipologia di utenza appassionata al tema. La Biblioteca è ospitata all'interno del prestigioso Palazzo abbaziale di Loreto di Mercogliano, un piccolo gioiello dell'architettura barocca, ed anche per questo è meta continua di visitatori interessati non soltanto a consultare i suoi cataloghi. È dunque evidente che essa svolge una funzione di valorizzazione importante perché, oltre ad essere biblioteca, è luogo di interesse turistico. È ospitata all’interno del Palazzo abbaziale di Loreto. Le sue origini rimandano sono legate a San Guglielmo da Vercelli, il quale diede vita al nuovo monastero dotandolo sia di paramenti sacri sia di manoscritti greci e latini. La storia del Monastero e del suo archivio è fortemente legata a tutta la storia dell’Irpina e di altre regioni circostanti. Per questo motivo rappresenta uno spaccato attendibile ed inevitabile per qualsiasi studio sull’argomento che abbia come obiettivo una ricostruzione storica rigorosa e fedele della vita religiosa e civile di quelle zone dal Medioevo all’età contemporanea.  


Biblioteca Nazionale di Napoli “Vittorio Emanuele III”


La Biblioteca Nazionale "Vittorio Emanuele III" di Napoli è una biblioteca pubblica statale dipendente dal Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione generale Biblioteche e Istituti Culturali. Dopo le nazionali centrali di Roma e Firenze, è la maggiore biblioteca italiana, con un patrimonio di circa 19.000 manoscritti, di 4.563 incunaboli, di circa 1.800.000 di volumi a stampa e oltre 8.300 testate di periodici. Contiene la biblioteca reale borbonica e le principali raccolte di origine privata acquistate dallo Stato o donate oppure concesse in deposito perpetuo. Tra le principali si ricordano: le raccolte Brancacciana, Zagari, Villarosa, Piccirilli, Palatina, San Martino, San Giacomo, Provinciale. Vi sono poi le sezioni che ospitano particolari raccolte quali: Manoscritti e Rari, Emeroteca, periodici, la sezione Napoletana (dedicata a tutto ciò che riguarda Napoli e il Regno di Napoli), Lucchesi Palli (di particolare interesse per il teatro e lo spettacolo), Fondo Aosta, Sezione Americana, Sezione Venezuelana, la Sezione dei Papiri Ercolanensi, con 1.792 papiri, in cui vengono studiati i papiri rinvenuti nella Villa dei Pisoni ad Ercolano. La biblioteca ha sede nel Palazzo Reale dal 1927. Quest’ala del palazzo era destinata in origine ad appartamento delle Feste e per tale funzione di rappresentanza fu sontuosamente decorata sotto la direzione dell’architetto Gaetano Genovese (1837-48). Tra le altre cose notevoli da segnalare vi sono i manoscritti di Giovan Battista Vico, la raccolta poetica di Giacomo Leopardi, di Raffaele e Vittorio Viviani. In anni recenti è stato acquisito l’Archivio del regista Patroni-Griffi. 


Biblioteca Universitaria di Napoli


L'istituzione di una biblioteca fornita di una "quantità bastante di libri di tutte le scienze", e dotata di apposita regolamentazione, risale a Pedro Fernandez de Castro, conte di Lemos, viceré di Napoli dal 1610 al 1616, sul modello dell'Università di Salamanca. ll Palazzo degli Studi, a lavori non ancora ultimati, venne inaugurato il 14 giugno 1615. Carlo di Borbone, una volta asceso al trono di Napoli nel 1734, ordinò la ripresa dei lavori del Palazzo degli Studi; le misure adottate negli anni seguenti mirarono a restituire al complesso universitario decoro e funzionalità fino al suo definitivo trasferimento, nel 1777, all'interno del soppresso Collegio Massimo dei Gesuiti al Salvatore. Con la soppressione degli ordini religiosi, decretata dal governo di Giuseppe Bonaparte nel 1806, la Regia Università degli Studi accolse grandi quantità di libri già appartenuti ai monasteri e destinati al Collegio Reale. All'indomani dell'Unità d’Italia, l'Universitaria entrò nel novero delle biblioteche governative di prima classe. Nel tempo, si arricchì delle raccolte di Filippo e Carlo Cassola (chimica), di Francesco Briganti (scienze naturali), di Paolo Panceri (zoologia e anatomia comparata), di Oronzo Gabriele Costa (paleontologia), di Celestino Cavedani (filologia e archeologia). Pure rilevanti sono: la collezione dantesca donata, nel 1872, da Alfonso della Valle di Casanova, ricca di antiche e pregevoli edizioni; la raccolta di Vittorio Imbriani, di prevalente interesse letterario e linguistico; la cospicua raccolta di opere e opuscoli a carattere giuridico e letterario offerta, negli ultimi dell’Ottocento, da Domenico Viti e Domenico De Pilla. Nei primi anni del Novecento vennero accolte e catalogate le donazioni Padelletti, Battaglini (matematica) e Aievoli (medicina) che rafforzarono la sua identità scientifica. Restaurata dopo il terremoto del 1930 la Biblioteca subì, nell'ultimo conflitto mondiale, seri danneggiamenti e la perdita di pregevoli cinquecentine, bodoniane e volumi del fondo Casanova ricoverate nel Convento dei Frati Minori di S. Francesco a Minturno. Dopo il terremoto del 1980 numerosi interventi di restauro e di consolidamento hanno consentito il potenziamento delle attrezzature e un notevole rinnovamento dei servizi e delle strutture che ne hanno modernizzato la fruizione. 


Direzione regionale Musei Campania


Istituite con il D.P.C.M. del 2 dicembre 2019, n. 169, art. 39, le Direzioni regionali Musei sono articolazioni periferiche della Direzione generale Musei ma uffici di livello dirigenziale non generale. La Direzione regionale ha l’obiettivo di assicurare sul territorio di competenza l’espletamento del servizio pubblico di fruizione e di valorizzazione degli istituti e dei luoghi della cultura in consegna allo Stato o allo Stato comunque affidati in gestione, anche ai fini della per la costruzione del sistema museale regionale. Lavora per valorizzare e rendere fruibile la ricchezza culturale dei musei statali e di altri soggetti, non statali e privati, della propria regione anche mediante specifici accordi di valorizzazione. Coordina risorse umane, tecnologiche e finanziarie al fine di offrire al pubblico attività culturali ed espositive, servizi di accoglienza ed educativi di qualità. Sostiene la nascita di reti locali che coinvolgono diversi attori per lo sviluppo di itinerari culturali e la crescita dei territori in cui opera. Inoltre: programma, indirizza, coordina e monitora tutte  le  attività di gestione, valorizzazione, comunicazione e promozione  del  sistema museale nazionale nel territorio regionale;  garantisce omogeneità di servizi e  di  standard   qualitativi nell'intero sistema museale regionale; sovraintende  alla  definizione,  del progetto culturale di  ciascun  museo  o  luogo  della cultura di appartenenza statale all’interno del sistema regionale, in modo  da  garantire  omogeneità  e  specificità  di   ogni   museo, favorendone  funzione  di  luoghi  vitali,   inclusivi,   capaci   di promuovere lo sviluppo della cultura; assicura elevati standard qualitativi nella gestione  e  nella comunicazione, nell'innovazione didattica e tecnologica, favorendo la partecipazione  attiva  degli  utenti  e   assicurando   la   massima accessibilità ed altre specifiche funzioni che ne attestano il livello di responsabilità dirigenziali, amministrative e tecnico-scientifiche del settore di riferimento. La Direzione regionale Musei Campania ha sede a Napoli presso Castel Sant’Elmo; ad essa afferiscono i seguenti musei:  

  • Certosa e Museo di San Martino, Napoli – 081.2294503 

  • Castel Sant’Elmo e Museo Novecento a Napoli – 081.2294456;  

  • Museo della Ceramica “Duca di Martina” in Villa Floridiana, Napoli – 081.5788418 

  • Museo “Diego Aragona Pignatelli Cortes” e Museo delle Carrozze, Napoli – 081.7612356 

  • Parco e Tomba di Virgilio, Napoli – 081.669390 

  • Museo storico archeologico e Area archeologica di San Paolo Belsito, Nola – 081.5127184 

  • Certosa di San Giacomo, Capri – 081.8376218 

  • Villa Jovis, Capri – 081.8376218 

  • Grotta Azzurra, Anacapri – 081.8376218 

  • Museo archeologico territoriale della Penisola sorrentina “Georges Vallet”, Piano di Sorrento – 081.8087078 

  • Anfiteatro campano, Santa Maria Capua Vetere – 0823.844206 

  • Museo archeologico dell’antica Capua e Mitreo, Santa Maria Capua Vetere – 0823.844206 

  • Museo archeologico di Teanum Sidicinum, Teano – 0823.657302 

  • Teatro romano di Teanum Sidicinum, Teano – 0823.657302 

  • Museo archeologico di Calatia, Maddaloni – 0823.200065 

  • Museo archeologico nazionale dell’antica Allifae, Alife – 0823.787005 

  • Museo archeologico dell’Agro Atellano, Succivo – 081.5012701 

  • Certosa di San Lorenzo, Padula – 0975.77745/552 

  • Museo archeologico di Eboli e della Media Valle del Sele, Eboli – 0828.332684 

  • Museo archeologico nazionale della Valle del Sarno, Sarno – 081.941451 

  • Museo archeologico nazionale di Pontecagnano – 089.84818 

  • Museo di San Francesco a Folloni, Montella – 0827.69221 

  • Museo del Palazzo della Dogana dei Grani, Atripalda – 0825.626586 

  • Museo archeologico nazionale del Sannio Caudino, Montesarchio – 0824.834570 

  • Area archeologica del Teatro romano di Benevento – 0824.47213 


Film Commission


La Film Commission Regione Campania è un ente costituito dalla Regione Campania nel 2004. Operativa dalla primavera del 2005, la Film Commission Regione Campania è stata trasformata in Fondazione a gennaio 2014. La sua mission è quella di promuovere la Campania come set ideale per la realizzazione di film, serie televisive, spot pubblicitari ed altri prodotti dell’audiovisivo, rafforzando la visibilità della straordinaria varietà di location esistenti sul territorio. La Regione Campania, inoltre, ha affidato alla Film Commission  l’attuazione del progetto “Nuove Strategie per il Cinema in Campania” finanziato con risorse POC 2014 - 2020". 


Fondazione Campania dei Festival


La Fondazione Campania dei Festival, presieduta dal 2018 da Alessandro Barbano e diretta dal 2017 da Ruggero Cappuccio, è un ente in-house providing della Regione Campania che da sedici anni, in maniera permanente, produce, promuove e amministra un articolato sistema multidisciplinare di progetti finalizzati alla diffusione della cultura.

Istituita nel 2007, la Fondazione Campania dei Festival è oggi impegnata nella valorizzazione dei beni culturali, nell’inclusione sociale, nella cooperazione internazionale e in attività di educazione rivolte alle nuove generazioni.

Attualmente la Fondazione realizza progetti di spettacolo dal vivo (Campania Teatro Festival) e teatro sociale (Quartieri di Vita. Life infected with Social Theatre), editoria (Campania Libri), formazione nelle scuole, valorizzazione del patrimonio linguistico e collabora con numerose istituzioni nazionali e internazionali.


Museo Archeologico Nazionale di Napoli


Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dipendente dal Ministero della Cultura e dotato di autonomia speciale dal 2014, garantisce la tutela, la conservazione, la valorizzazione e la fruizione dei beni culturali che custodisce, diffondendone la conoscenza presso il pubblico e la comunità scientifica a livello nazionale e internazionale, mediante l’esposizione delle sue collezioni permanenti e l’organizzazione di mostre e progetti di ricerca. L’Istituto mira altresì a creare relazioni con i siti e gli enti del territorio in cui opera per promuovere la crescita culturale dei cittadini e lo sviluppo socio-economico del contesto. Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli è tra i più antichi e importanti al mondo per ricchezza e unicità del patrimonio posseduto.  

La formazione delle sue collezioni è legata alla figura di Carlo di Borbone, re di Napoli dal 1734, che promosse l’esplorazione delle antiche città sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e realizzò in città un Museo Farnesiano, trasferendovi da Roma e Parma parte della collezione ereditata dalla madre Elisabetta Farnese. Si deve al figlio Ferdinando IV, succedutogli nel 1759, il progetto di riunire nell’attuale edificio, sorto alla fine del 1500 come cavallerizza e dal 1616 al 1777 sede dell’Università, la Collezione Farnese e la raccolta di reperti vesuviani già esposta nel Museo Ercolanese nella Reggia di Portici. Dal 1777 l’edificio fu interessato da una lunga fase di lavori di ampliamento affidati agli architetti F. Fuga e P. Schiantarelli, ma i primi allestimenti furono realizzati nel decennio della dominazione francese (1806-1815). Con il ritorno dei Borbone a Napoli nel 1816, il Palazzo assunse la denominazione di Real Museo Borbonico, concepito come museo universale. 

Il Museo, divenuto Nazionale nel 1860, andò arricchendosi con l’acquisizione di reperti provenienti 

dagli scavi nei siti della Campania e dell’Italia Meridionale e da collezioni private, divenendo esclusivamente Archeologico dopo il trasferimento della Pinacoteca a Capodimonte nel 1957. Attualmente il Museo espone circa 18000 opere afferenti alle collezioni Farnesiane (in prevalenza sculture e gemme) e vesuviane (come affreschi, mosaici, oggetti di vita quotidiana), cui si aggiungono quelle comprese nelle sezioni Egizia, Epigrafica, Campania Romana, Numismatica, Magna Grecia, Preistoria e Protostoria, Isola d’Ischia, Piana Campana. 



Archivio Amelio-Santamaria


L’Archivio Amelio-Santamaria, custodito e gestito da Anna Amelio, Paola Santamaria e Eduardo Santamaria, raccoglie la più completa documentazione sulla figura e sull’opera del gallerista napoletano Lucio Amelio (1931-1994), uno degli indiscussi protagonisti del rinnovamento della scena artistica contemporanea in Italia.

L’Archivio privato Amelio-Santamaria si pone come finalità la promozione della cultura e dell'arte ed è costantemente impegnato nell'organizzazione e nella conservazione delle tracce e della memoria del lavoro svolto da Lucio Amelio, e del suo rapporto con artisti, galleristi e istituzioni del territorio e internazionali, di cui ne promuove la conoscenza, attraverso la conservazione di una pluralità di documenti di altissimo valore artistico raccolti nel corso della sua attività dal 1965 al 1994. Collabora, inoltre, alla realizzazione di mostre, cataloghi e altre iniziative culturali; tali collaborazioni si svolgono con istituzioni (musei, fondazioni e gallerie) tra le più prestigiose della scena artistica nazionale ed internazionale.

L’Archivio costituisce un patrimonio importante per la ricostruzione storica non solo della figura di Lucio Amelio, ma documenta anche i tanti momenti che hanno caratterizzato trent’anni di vita culturale a Napoli e in Campania, vissuti da Amelio quale protagonista in prima linea di proposte volte a "sprovincializzare" l'ambiente culturale dove ha operato.


Archivio Lia Incutti Rumma


L’Archivio Lia Incutti Rumma di Napoli custodisce il Fondo Marcello Rumma, un archivio “di persona” che testimonia l’opera e la vita fulminea di Marcello Rumma (1942-1970), documentando i sei anni della sua attività pubblica dal 1965 al 1970. Marcello Rumma, giovane intellettuale e mecenate salernitano, negli anni Sessanta, insieme alla moglie Lia, poco meno che ventenni, si fa promotore tra il 1965 e il 1970 (anno della sua precoce scomparsa) di mostre di una nuova generazione di artisti emergenti e di molteplici iniziative imprenditoriali e culturali tra Salerno e Amalfi.

Il Fondo Marcello Rumma, così nominato dopo il suo ordinamento e conservato dalla moglie nell’Archivio Lia Incutti Rumma di Napoli, raccoglie varie tipologie di documenti, corrispondenza, inviti, fotografie, articoli di giornali, cataloghi, che testimoniano l’impegno di educatore di Marcello Rumma nel Collegio di famiglia Arturo Colautti di Salerno (Rumma affianca il padre e professore di matematica Antonio, nei primi anni Sessanta, nella gestione del collegio), ma anche il suo impegno come promotore di importanti rassegne espositive tra Salerno e Amalfi, di fondatore di una casa editrice e di mecenate e collezionista di opere d’arte contemporanea. Un materiale che parla sì dell’imprenditore e mecenate Marcello Rumma, ma che ci accompagna anche nel ricostruire fatti e vicende dell’arte, soprattutto italiana, a lui contemporanea.


Archivio Marina Vergiani


L’Archivio Marina Vergiani è un archivio di persona privato che comprende una raccolta di documenti testuali e audiovisivi ideati e diretti da Marina Vergiani, architetto e autrice di documentari video sulla città e sull’arte a Napoli, tra il 1984 e il 2013.

Marina Vergiani (1952-2015), è stata architetto, autrice di documentari video sulla città e sull’arte, per lunghi anni dirigente culturale del Comune di Napoli e instancabile promotrice della valorizzazione e conservazione di documenti storici del teatro, delle realtà sociali e lavorative, del territorio e delle sue trasformazioni. Nella sua carriera ha collaborato con università, teatri, assessorati, istituzioni, fondazioni e associazioni culturali, occupando posizioni di prestigio quali quella di docente di Tecniche di valorizzazione dei Beni Culturali all’Università Suor Orsola Benincasa e assumendo poi la direzione del PAN - Palazzo delle Arti di Napoli dal 2005 al 2011. All’attività istituzionale ha sempre affiancato quella di ricerca e di produzione, collaborando con registi e filmmaker quali Mario Martone e Mario Franco, scrivendo soggetti e sceneggiature.

L’Archivio di Marina Vergiani comprende alcune migliaia di documenti su supporti elettronici, digitali, cartacei già schedati e, in particolare: la raccolta di materiali audiovisivi ideati e diretti da Marina Vergiani tra il 1984 e il 2013; la raccolta dei materiali video prodotti da B. Sketch tra il 1987 ed il 1991; la raccolta di scritti, storyboard, disegni, fotografie, pubblicazioni, manifesti, locandine, ideati con e da Giuliano Longone, Michele Bellamy Postiglione e Leonardo Coen Cagli.


Direzionale regionale Musei Campania, Archivio Castel Sant’Elmo/Fondi arte contemporanea


La Direzione regionale Musei Campania ha l’obiettivo di potenziare le attività di valorizzazione dei musei italiani ed è il punto di connessione tra centro e periferia: opera per favorire il dialogo tra enti statali e locali, tra realtà museali pubbliche e private, per la costruzione del sistema museale regionale. Lavora per valorizzare e rendere fruibile la ricchezza culturale dei musei statali della propria regione. Coordina risorse umane, tecnologiche e finanziarie al fine di offrire al pubblico attività culturali ed espositive, servizi di accoglienza ed educativi di qualità. Sostiene la nascita di reti locali che coinvolgono diversi attori per lo sviluppo di itinerari culturali e la crescita dei territori in cui opera. Le Direzioni regionali Musei, uffici di livello dirigenziale non generale, sono articolazioni periferiche della Direzione generale Musei.

Il patrimonio documentario di Castel Sant’Elmo è costituito da più fondi legati alla programmazione culturale e alla formazione delle collezioni d’arte e prodotti da differenti uffici, di quella che oggi è la Direzione regionale Musei Campania, dislocati in ambienti diversi del castello. Nello specifico, si tratta dei fondi del Museo Novecento a Napoli, dell’Ufficio stampa, della Fototeca e della Biblioteca di Storia dell’arte “Bruno Molajoli”, composti da corrispondenze, documentazione audio, video e fotografica, materiale di comunicazione, rassegne stampa, cataloghi.

L’Archivio Castel Sant’Elmo/Fondi arte contemporanea mette insieme, in ambiente digitale, le diverse raccolte documentali, per un insieme che comprende oltre 1.000 fotografie tra positivi a stampa, diapositive e fotografie digitali; più di 30 documenti audiovisivi; quasi 200 tra comunicati e rassegne stampa e circa 50 cataloghi, oltre a inviti, brochures, progetti di allestimento.


Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee – Museo Madre


Il museo Madre (acronimo per Museo d’arte contemporanea Donnaregina) nasce nel 2005, quando la Regione Campania acquista l’edificio di via Settembrini, contiguo alla Chiesa di Donnaregina Vecchia, per destinarlo a museo per l’arte contemporanea. La Regione Campania istituisce la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee quale ente funzionale regionale nel 2004.

La Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee è stata costituita il 22 novembre 2004 dalla Regione Campania al fine di “istituire, promuovere e gestire musei, centri d’arte e di cultura nel territorio della Regione Campania, acquisendo in via temporanea o permanente, a mezzo di contratti e/o accordi con Enti pubblici o privati, artisti e collezionisti, opere d’arte contemporanea da esporre permanentemente o temporaneamente nei propri musei o in mostre tematiche; svolgere attività culturali attraverso l’organizzazione di convegni, stage e seminari in tema di arte, letteratura, cinema, grafica, design, fotografia, architettura e di ogni altra forma di espressione artistica, moderna e contemporanea”. Dapprima strutturata in forma totalmente pubblica, nel 2011 la Regione Campania ha adottato una profonda riforma statutaria, che, in sintesi, ha modificato la figura del presidente, ruolo inizialmente riservato al Presidente della Giunta regionale o ad un componente della Giunta regionale, oggi ricoperto da persona che possieda “larga esperienza giuridica, economica e manageriale”; ha aperto alla possibilità di ingresso di altri soggetti nel consiglio di amministrazione; ha portato da tre a cinque i componenti del comitato scientifico; ha imposto la scelta del direttore mediante “pubblico concorso svolto secondo i principi nazionali e comunitari ad evidenza pubblica”; ha fissato in cinque anni la durata del suo incarico.


Fondazione Filiberto e Bianca Menna – Centro Studi d’Arte Contemporanea


La Fondazione Filiberto e Bianca Menna di Salerno è un centro Studi d’Arte Contemporanea che svolge un ruolo di primaria importanza nel campo della ricerca e della cultura che mirano a riconsiderare l’arte, irrinunciabilmente legata alla costruzione del nuovo, come motore di trasformazione della società. Nata nel 1989 per volontà della famiglia Menna, la Fondazione Filiberto Menna – Centro Studi d’Arte Contemporanea promuove iniziative e progetti volti a diffondere ed approfondire la conoscenza del presente dell’arte, rinnovando così la lezione teorica dello studioso salernitano, fra i protagonisti del dibattito critico del secondo Novecento.

Dal 2018 al nome di Filiberto, la Fondazione lega nella propria denominazione statutaria quello di Bianca (Pucciarelli in Menna) per meglio tutelare non solo il lavoro intellettuale della coppia, ma anche l’Archivio del Lavatoio Contumaciale e dell’Archivio Menna/Binga che conserva materiale cartaceo, video e fotografico, nonché un importante nucleo di opere realizzate da Tomaso Binga tra la fine degli anni Sessanta del secolo scorso e il primo ventennio del nuovo.

Distinguendo la propria azione da quella degli altri attori impegnati nel campo dell’arte, la Fondazione svolge la propria missione culturale con precise strategie operative che privilegiano il confronto critico e l’educazione, in una prospettiva orientata a quella costruzione del nuovo di cui lo stesso Menna è stato costante promotore nel corso della sua attività di ricerca.

Avvalendosi della collaborazione di giovani studiosi e grazie alla presenza di strutture e di strumenti adatti a realizzare iniziative legate all’attualità, la Fondazione, che ospita al suo interno un Archivio, una Biblioteca (aperta al pubblico nel 1994) e una Mediateca, si presenta come spazio dinamico e polifunzionale: un luogo di studio e un laboratorio creativo in grado di monitorare i territori dell’arte contemporanea e di dare un futuro alle idee dell’arte e della critica a lei dedicata.

La Fondazione organizza, all’interno dei suoi spazi, una serie di attività orientando il suo lavoro sui temi dell’arte, della critica d’arte e della teoria delle arti, formulando, inoltre, felici relazioni con il pensiero filosofico e con le esperienze musicali dell’attualità.

A questi nuclei centrali, che seguono gli interessi di Filiberto Menna, va aggiunto, inoltre, l’impegno che la Fondazione mostra, da anni, anche nei campi della formazione e della didattica per avvalorare un discorso legato non solo alle pratiche artistiche del presente dell’arte ma anche a nuove strategie educative e comunicative.


Fondazione Morra – Istituto di Scienze delle Comunicazioni Visive


La Fondazione Morra - Istituto di Scienze delle Comunicazioni Visive nasce nel 1992 per volontà di Giuseppe Morra dall'attività quasi trentennale della galleria Studio Morra in Via Calabritto a Napoli e con lo scopo di promuovere la ricerca, la realizzazione e la divulgazione della cultura delle comunicazioni visive. La Fondazione custodisce, tra l’altro, importanti Archivi d’artisti del Novecento, come quello del gruppo teatrale del Living Theatre.

La Fondazione Morra, oltre a promuovere e organizzare la ricerca, la realizzazione e la divulgazione della cultura delle comunicazioni visive, è destinata alla produzione e trasmissione intergenerazionale della cultura contemporanea, svolgendo la propria attività con il predisporre, in base alle elaborazioni fatte dai dipartimenti in cui si articola e facendo riferimento a concrete situazioni socio-culturali, interventi orientati a leggere le complesse dinamiche che avvengono nei sistemi micro e macro-sociali delle produttività e delle economie di “cultura della comunicazione”, al fine della promozione di lavori in gruppi spontanei o in contesti istituzionalizzati che possano incrementare il coinvolgimento e l’assunzione di quanti intendono promuovere comunità capaci di sviluppare ed utilizzare correttamente le risorse dei territori della cultura attuale. La Fondazione è stata iscritta nell’Albo Regionale sezione “Alta Cultura” e riconosciuta altresì come Museo di Interesse Locale nel 2007, dopo l’inserimento nel registro delle personalità giuridiche nel 2005. Collabora con diverse realtà nazionali ed internazionali.